martedì 5 novembre 2019

RECENSIONE: TOM KEIFER BAND (Rise)

TOM KEIFER BAND   Rise (Cleopatra Records, 2019)
 
 
 
 
 
cenerentola dopo mezzanotte
 
Per uno che si è trovato davanti alla possibilità di vedere la propria carriera di cantante stroncata da un serio problema alle corde vocali (quante operazioni e giorni di riabilitazione), RISE è un altro piccolo miracolo, il disco che in qualche modo i Cinderella di Tom Keifer avrebbero dovuto fare dopo Still Climbing, uscito nel 1994. Invece tutto si interruppe sul più bello. Come confessato in una recente intervista, di rimettere in piedi la vecchia band, TOM KEIFER non ci pensa nemmeno, però questa volta per il secondo disco a suo nome, dopo il precedente The Way Life Goes del 2013, fa aggiungere il nome della nutrita band stile seventies in copertina (anche due coriste tra cui la moglie Savannah). Sembra già una piccola apertura e riconoscenza al gioco di squadra.
"C'è un'energia completamente nuova. È un nuovo capitolo. È una nuova band. In termini di performance, lo spettacolo, se esci e lo guardi, il modo in cui eseguo, canto e suono la chitarra è sempre lo stesso di sempre, e lo show è molto energico, ma c'è una nuova band."
In Rise convivono le tre anime di Keifer: da una parte quella rock fatta di chitarre hard a volte ai limiti del metal (la modernista 'Hype') che l'ascolto dell'accoppiata di apertura ('Touching The Divine' e 'The Death Of Me') conferma e canzoni come 'All Amped Up' e 'Life Was Here' ribadiscono; dall'altra quella sentimentale fatta di ballate mai scontate cantate con la voce aspra e abrasiva di sempre come l'acustica dai forti sapori southern 'Waiting On Demons', il pianoforte che guida la belle 'Rise' dal carattere soul e 'Taste For The Pain' e la finale 'You Believe In Me' condotta in solitaria, voce e chitarra che confermano la bontà di Keifer come songwriter e quanto il suo ormai ventennale trasferimento a Nashville si faccia sentire nella sua arte; in mezzo il blues di 'Untitled' e la viziosa 'Breaking Down' in grado di riportare l'orologio indietro ai tempi di Long Cold Winter e Heartbreak Station quando i Cinderella confermarono di essere diversi dalle tante band con cui condividevano il red carpet dello street glam di quegli anni. Possessori di quel retaggio roots che faceva la differenza.
"Tento di rendere ogni disco interessante. Non mi piace fare due dischi consecutivi uguali anche se c'è sempre un filo conduttore che li unisce".
Il segnale lanciato da Keifer con i suoi due dischi solisti sembra molto chiaro: è tornato per restare.
 
 
 

 
 

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