venerdì 18 ottobre 2019

RECENSIONE: THE MAGPIE SALUTE (High Water II)

THE MAGPIE SALUTE  High Water II (Provogue Records, 2019)
 
 



 
l'ultimo volo delle gazze?
 Le recenti voci che vorrebbero i Black Crowes (o meglio i fratelli Chris e Rich Robinson) vicini a una nuova reunion potrebbero mettere in ombra prima del tempo High Water II, il nuovo disco dei Magpie Salute, fratello gemello della precedente uscita. E sarebbe un peccato perché la band di Rich Robinson con queste nuove dodici... canzoni sembra mettere sul tavolo le sue carte migliori fino ad oggi: nulla di così eclatante, intendiamoci, ma sicuramente qualcosa di più omogeneo che possa farci esclamare: "questo è un buon lavoro di squadra".
Intanto nello spazio che separa i due dischi abbiamo avuto anche la possibilità di vedere la band all'opera, misurandone le capacità live (ma non c'erano dubbi sulla qualità visti i personaggi): un concerto quello al live di Trezzo penalizzato per buona metà da un suono impastato che non ha reso la vita facile a un giudizio pienamente positivo. Fu un vero peccato ma ci confermò quantomeno che Rich Robinson di questa nuova costola dei Black Crowes è il leader incontrastato.
Questo High Water II riprende il discorso esattamente dove si era interrotto il primo: nove canzoni provengono dalle stesse session di registrazione avvenute al Dark Horse Studios a Nashville mentre tre sono state registrate in seguito al Rockfield Studios a Manmouth in Galles ('Gimme Something' , 'Leave It All Behind' e 'Life Is A Landslide' con le sue atmosfere british).
"Entrambi i dischi fanno parte di un viaggio collettivo. Ho scelto la sequenza appositamente per ogni disco. Volevo High Water l per farci conoscere al mondo. Con High Water II , volevo approfondire un po'. Per portare le persone in luoghi in cui non si sarebbero aspettati di andare ", ha raccontato Rich Robinson.
Non illudiamoci, i luoghi sono quelli di sempre: l'America del southern rock, del country e del soul e il Regno Unito del rock blues.
Luoghi ben presentati dal tris di canzoni ('Sooner Or Later', 'Gimme Something' e 'Leave It Behind') poste in apertura: rock e R&B con le chitarre di Robinson e Marc Ford in primo piano, il tasti del pianoforte di Matt Slocum a scandire il tempo, sezione ritmica martellante (Joe Magistro alla batteria e Sven Pipen al basso) armonie vocali e la voce di John Hogg che svolge bene il suo compito con diligenza e passione che sopperiscono bene a una personalità non proprio da frontman di razza.
Ma il meglio sembra passare attraverso i fiati suonati da Matt Holland nella sorprendente 'In Here', il primo singolo, nelle ballata 'You And I' condotta da Rich Robinson e soprattutto nell armonioso country 'Lost Boy' con Marc Ford che presta la sua profonda voce accompagnato dalla voce e il violino dell'ospite Alison Krauss, nel cangiante lavoro di squadra in 'Mother Storm', nella più feroce e belluina 'Turn It Around', nello scatenato funky rock di 'Doesn't Really Matter' che precede la quiete della finale, soffusa e notturna 'Where Is The Place', un lento rock blues che ci accompagna lentamente verso la fine.
Ora ci sarà solo da capire se la parola fine è stampata solo su questo capitolo o anche su tutta questa breve avventura. Le gazze torneranno a volare tramutandosi in corvi?
 
 
 

 
 
 
 
 

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