mercoledì 19 luglio 2017

DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA # 38: ROD STEWART (Every Picture Tells A story)

ROD STEWART-Every Picture Tells A Story (1972)






Dopo la basilare gavetta con Jeff Beck, culminata con l’album TRUTH (1968) e in simultanea con l’avvio della nuova avventura The Faces- corta, sgangherata ma esaltante come poche-Rod Stewart da il via alla carriera solista. Se il debutto THE ROD STEWART ALBUM e il successivo GASOLINE ALLEY , pur ben accolti dalla critica, sembrano riscuotere più successo di pubblico oltre oceano che in patria, solo con il terzo EVERY PICTURE TELLS A STORY qualcosa cambia veramente. “ Stavolta ero davvero unicamente io a figurare come produttore: mi lasciarono gestire le cose da solo…Giunti alla terza occasione, i musicisti conoscevano bene il modo di suonare degli altri, e nella registrazione questo si sente”. Parteciparono alla registrazione: Mick Waller alla batteria, l’inseparabile Ron Wood alle chitarre e basso, Pete Sears al piano più una lunga sfilza di ospiti tra cui Martin Quittenton (coautore di ‘Maggie May’) alla chitarra acustica e Ian McLagan all’organo. Come i precedenti due dischi, le canzoni esaltano il lato roots (gran dispiegamento di strumenti acustici), folk-blues della sua voce calda e roca in contrapposizione con il lato più selvaggio e rock'n'roll che assumeva parallelamente nei Faces. Anche questo disco mischia cover tra cui ‘Tomorrow Is A Long Time’ di Dylan, ‘Reason To Believe’ di Tim Hardin e ‘(I Know) I’m Losing You’ dei Temptation e composizioni originali. “’Every Picture Tells A Story’, ‘Mandolin Wind’ e ‘Maggie May’, "un vago resoconto di quando persi la verginità in un incontro mordi e fuggi con una donna più grande di me al Beaulieu Jazz Festival nel 1961". E ‘Maggie May’, come sapete, cambiò ogni cosa.” ‘Maggie May’ fu scritta insieme al chitarrista Martin Quittenton “un ragazzo gentile, molto tranquillo e diligente con la fronte sempre aggrottata (e una fidanzata adorabile), che in quel periodo era il chitarrista più inventivo che avessi mai incontrato” registrata in sole due take con l’aiuto del mandolino di Ray Jackson dei Lindisfarne. “ Non avrei mai pensato che potesse diventare un singolo…Era senza ritornello. C’erano solo quelle strofe sconnesse. Non aveva niente di orecchiabile”. ‘Maggie May’ fu relegata come b side del singolo ‘Reason To Believe’ fino a quando un dj americano iniziò a passarla in radio. Nonostante i suoi cinque minuti di durata, fu un immediato successo che trascinò l’intero album in cima alle classifiche sia americane che inglesi. “Con mio enorme stupore, e non trascurabile orgoglio, di colpo avevo il singolo e l’album numero uno su entrambe le sponde dell’Atlantico. Era come un allineamento dei pianeti. Nessuno ci era mai riuscito prima: nemmeno Presley, nemmeno i Beatles”. Brani tratti da ‘Rod Stewart-L’autobiografia’.



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