mercoledì 19 marzo 2014

RECENSIONE: DEX ROMWEBER DUO (Images 13)

DEX ROMWEBER DUO  Images 13 ( Bloodshot Records /IRD, 2014)


Inquietudine. Di quella positiva, se mai esistesse in qualche piega nascosta delle nostre menti. Questo è lo stato in cui mi fa cadere Images 13, terzo lavoro del progetto Dex Romweber Duo e la canzone finale Weird (Aurora Borealis) (scritta da Harry Lubin ed estrapolata dalla colonna sonora di un vecchio show televisivo), è una intima, minimale e inquietante traccia strumentale, quasi tribale nel suo ipnotico incedere, che congeda l'ascoltatore e conferma la mia ansia. Il buio e la luna piena che scorgo dalla finestra amplificano il tutto all'ennesima potenza. Sento ululati sulla collina.
Il chitarrista Dex Romweber è un veterano con carisma da vendere, anche se giovanissimo nei suoi quarantasette anni d'età, di quelli che hanno girato di notte i più malfamati sottoboschi musicali, quelli dove la luna piena entrava dalle finestre di un sottoscala e perforava le menti solo per far danni, quelli dove rockabilly, country e surf scorrevano come rigoli di sangue amaro sopra i palchi e scendevano giù dalle scale che conducevano ai maleodoranti cessi di qualche locale infimo. Uno con una cultura musicale immensa, capace di ripercorrere la storia americana ma anche attraversare l'oceano e approdare in Gran Bretagna: si parte da Eddie Cochran e Johnny Cash, si passa dal sempre dimenticato Link Wray, i Blasters e i Cramps, si arriva a Kinks e Who. E poi, vuoi lasciare fuori l'Australia di Nick Cave?
Uno a cui Jack White e Black Keys dovrebbero erigere un monumento: in verità, White già lo fa, indicandolo come uno dei suoi punti di riferimento musicali. Dex Romweber insieme alla versatile sorella Sara-che siede dietro alla batteria- si è inventato questo duo che ha il maggior pregio nell'approccio  secco e minimale alla musica, pur seguendo quanto già fatto con la sua vecchia band Flat Duo Jets, attiva dal 1990 al 1999 e nata sulle ceneri ancora ardenti della scena post-punk  di Athens e dedita ad un psycho punk travolgente ed energico che comunque rimane in scaletta, diventando solo una parte dei suoi nuovi orizzonti musicali, costruiti su: abbondanti dosi di garage suonato senza fronzoli, gothic blues, oscuro country'n'roll (Beyond The Moonlight), caldi sipari latineggianti, e sinistri temi surf (la strumentale Blackout! con l'immancabile riverbero della chitarra "alla Dick Dale", anticipata da un altro nero strumentale Prelude In G Minor) che farebbero faville nelle pellicole di Quentin Tarantino (la frizzante-ancora strumentale-Blue Surf).
Difficile non farsi conquistare dalla rocambolesca e ringhiosa apertura (Roll On), riscaldamento per la sua chitarra; dalle atmosfere pop '60 della conosciuta So Sad About Us degli amati e fonte d'ispirazione The Who che vede la partecipazione di Mary Huff alla voce; dalla ballata dark a ritmo di lento valzer in stile '50 di I Don't Want To Listen cantata con voce baritonale da consumato crooner; da We'll Be Togheter Again, altro lento con più luce, composto da Sharon Sheeley, compagna del povero Eddie Cochran. La canzone fu scritta dopo la morte di Cochran, ma mai nessuno la pubblicò. Romweber ne è venuto in possesso e l'ha fatta sua in maniera splendida.
Ma anche la nostalgica Baby I Know What It's Like To Be Alone, gli inserti calypso che si introducono tra le pieghe rock'n'roll di Long Battle Coming, e il folk di One Sided Love Affair, ballata scritta da Johnny Burnette. Lasciano tutte il segno. La lunga linea compresa tra romantico dramma e alta tensione che percorre l'intero disco (sono solo trenta minuti e una decina di minuti in più li avrei apprezzati) scorre piacevole e veloce. Il mio disco rock'n'roll di Marzo.




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