martedì 18 giugno 2013

RECENSIONE:JOHN MELLENCAMP, STEPHEN KING, T BONE BURNETT, AA.VV. (Ghost Brothers Of Darkland County)

JOHN MELLENCAMP, STEPHEN KING, T BONE BURNETT, AA.VV.  Ghost Brothers Of Darkland County  ( Hear Music/Universal, 2013)


Un progetto ambizioso, dalla lunga e tribolata gestazione che ha coinvolto due musicisti come John Mellencamp e T Bone Burnett, ed il più famoso scrittore di letteratura fantastica/horror di fine XX secolo, tale Stephen King, un re, per qualcuno anche un dio inarrivabile della penna ma anche un musicologo a tutto tondo; a raccontarcelo sono le citazioni musicali sparse nei suoi romanzi, il suo gruppo rock nato per scopi benefici, la passione dichiarata per AC/DC e Ramones, il rispetto, l'influenza e lo scambio reciproco con la comunità rock. Tutto nacque sul finire degli anni novanta da una telefonata di Mellencamp a King  nella quale il cantautore dell'Indiana sottoponeva allo scrittore un'interessante leggenda americana popolata da fantasmi con protagonisti due fratelli, una sorta di Caino e Abele in salsa americana, una storia macabra, inquietante e misteriosa quasi senza tempo e adattabile, che la mente "malata" di King avrebbe potuto sviluppare e amplificare in qualcosa di grande. L'idea si è piano piano trasformata in musical, ha attraversato tante fasi e ripensamenti prima di approdare alla definitiva forma che sfocia sostanzialmente in un'opera oscura di gothic country dove tutti si sono divisi democraticamente i compiti: al "giaguaro" Mellencamp l'incarico di trasformare la storia scritta da King in musica e testi, a Burnett, produttore dal tocco distintivo e scrigno vivente delle sonorità più "americane" in circolazione, la cabina di regia in fase di produzione musicale, infine, ai tanti cantanti e attori coinvolti, il piacere di interpretarla sia su disco che a teatro. L'opera è stata rappresentata per la prima volta nell'Aprile del 2012 ad Atlanta.
Trama.
Mellencamp prende in affitto la storia da una leggenda di cui è venuto a conoscenza dopo aver acquistato un vecchio rustico adibito a casa per le vacanze. Pare che il vecchio proprietario gli raccontò storie non piacevoli sul capanno poco distante dalla dimora, infestato di fantasmi da ormai molti anni. Da lì alla telefonata a Stephen King sembra sia passato veramente poco tempo.
La leggenda prende forma nel 1957 da una storia ambientata nella cittadina di Lake Belle Reve, Mississippi, dove due fratelli (Andy e Jack) poco più che ventenni sono in combutta tra loro per amore di una splendida ragazza (Jenna). Tutto precipita quando, in modo accidentale dentro al capanno, uno fredda l'altro, inconsapevole che presto il destino si accanirà anche su di lui e la ragazza, vittime immediate di un incidente stradale- fatalità, suicidio o omicidio?- durante il loro ritorno verso la città in macchina. Tre vite spezzate, tre fantasmi che animeranno i prossimi quarant'anni di quel bel posto di villeggiatura, facendo nascere menzogne su menzogne intorno alla leggenda. A raccontare la storia, in prima persona, è il terzo fratello minore Joe (interpretato da Kris Kristofferson in età adulta e cantato anche dal tredicenne Clyde Mulroney in età giovanile nella cantilenante My Name Is Joe), unico testimone dei fatti e vero depositario della verità, anch'egli con due figli (Frank e Drake), ma con la consapevolezza e la missione di far trionfare la verità per evitare che anche la sua famiglia cada vittima dentro al vortice della leggenda, nutrita negli anni da vendette e gelosie tra parenti serpenti. Il tutto viene raccontato nel DVD contenuto nella deluxe edition attraverso un'intervista a Mellencamp, Burnett e King.
Canzoni.
Per non spezzare la continuità della storia e per rendere comprensibile la trama, le 17 canzoni sono intervallate dai dialoghi dei vari personaggi protagonisti, interpretati da veri attori (tra cui spiccano la "signora Mellencamp" Meg Ryan, Matthew McConaughey, Samantha Mathis), e dagli stessi cantanti nelle canzoni. Per gli ascoltatori più distratti, il tutto potrebbe diventare molto pesante e poco digeribile nei suoi 70 minuti, così, all'interno del CD viene fornito un apposito codice per poter scaricare dalla rete la musica senza l'interruzione delle conversazioni.
Musicalmente siamo dalle parti delle ultime brillanti produzioni di Mellencamp insieme a Burnett, in particolare le stesse atmosfere dell'ultimo splendido disco solista  No Better Than This (2010 ), che fu un viaggio polveroso e affascinante tra il 900 musicale americano che ripercorreva luoghi simbolo e sonorità tradizionali, quelle che Burnett, fuoriclasse indiscutibile e unico, riesce a ricostruire lavorando di sottrazione e creando arcane atmosfere, le stesse che ritroviamo anche nelle ultime produzioni del sessantottenne produttore: nei dischi di Elvis Costello, Robert Plant/Alison Krauss, del Ryan Bingham "premio oscar" in Junky Star (2010). Un concentrato di american roots music decadente e spartana fatta di oscure country songs piene di polvere e ragnatele, antico e misterioso folk (il lento, ciondolante e cupo valzerone You Are Blind cantata dalla roca voce di Ryan Bingham presente anche in Brotherly Love con Will Dailey) , paco rockabilly acustico, e ferriginoso blues con alcune chicche niente male come la darkeggiante So Goddam Smart con Sheryl Crow ma che vede-soprattutto- riuniti i fratelli Dave e Phil Alvin (The Blasters) accompagnati dalle chitarre incisive di Marc Ribot e Andy York (presenti in tutto il disco insieme al batterista Jay Bellerose) con qualche ottima variazione sul tema come il battente blues-che ci mette in guardia dalle malelingue e che puzza di acqua stantia, paludosa e riti propiziatori- cantato con voce luciferina dal sempreverde Taj Mahal, in forma strepitosa in Tear This Cabin Down. I fratelli Alvin, evidentemente a loro agio in una storia piena di tanti altri fratelli "maledetti", li ritroviamo nello spiraglio di luce che si intravede nell'ariosa country song Home Again (con Sheryl Crow e Taj Mahal), nel pigro incedere di And Your Days Are Gone (con Sheryl Crow), nella elegante leggerezza di So Goddam Good guidata da un clarinetto, ancora con Sheryl Crow, e nella triste coralità finale di What Kind Of Man Am I.
La parte della leonessa spetta proprio  a Sheryl Crow presente in sei canzoni, in duetto e da sola (in Away from This World e nella più rockata Jukin') ma in buona compagnia femminile insieme a Neko Case (That's Who I Am), e Rosanne Cash, eterea nell'ipnotica You Don't Know Me.
Curiosa e simbolica anche le presenza di Elvis Costello che dà voce alle forze del male sottoforma del diavolo tentatore, battezzando il disco nell'iniziale e sardonica That's Me e in Wrong, Wrong, Wrong About Me, affidabile e saggia quella di Kris Kristofferson che si veste, senza difficoltà, con gli abiti della saggezza del terzo fratello nei dialoghi e incanta nella placida How Many Days.
John Mellencamp, forse deludendo i suoi fan, lascia il campo libero per tutto il disco, intervenendo fisicamente solo a fine storia, prestando la sua voce "rotta" nel duetto a tre voci Truth insieme alle giovanissime sorelle Lily e Madeleine Jurkiewicz, nuove stelline del folk americano.
Se il lato prettamente musicale soddisfa pienamente, non tutto fila liscio come dovrebbe nell'ascolto globale: mancando l'aspetto visivo della storia (forse a teatro funziona tutto meglio?), purtroppo i dialoghi, pur brevissimi e ricchi di phatos, tolgono importanza alle canzoni e viceversa, generando un conflitto d'interessi che, anche se indispensabile per la linearità della narrazione, funziona a metà: croce e delizia di (quasi) tutte le rock opere. Per cui, visto che c'è, consiglio di usare il codice per scaricare i brani senza interruzioni. Però, dico io, se mi avete fornito il codice, sapevate già che qualcosa zoppicava, o no?

vedi anche RECENSIONE/REPORT live: JOHN MELLENCAMP live@ Vigevano, 9 Luglio 2011



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