venerdì 2 novembre 2012

RECENSIONE: DANKO JONES (Rock And Roll Is Black And Blue)

DANKO JONES  Rock And Roll Is Black And Blue ( Bad Taste Records, 2012)

Quel ragazzaccio di un Danko Jones non manca occasione per predicare il suo verbo da rocker marpione e sporcaccione come andava di moda una volta. Watt, sudore e "gnocca" (a volte con eccesso maniacale di machismo) sono ancora ingredienti basilari per divertirsi senza dare o chiedere troppo in più-Kiss docet. E Danko Jones lo sa bene. I suoi fan lo sanno bene, e non pretendono altro, ovviamente. I suoi primi dischi (Born A Lion-2002 rimane ancora il suo migliore) votati ad un hard/blues/garage/punk metropolitano che enfatizzava la lezione dei Jon Spencer Blues Explosion, hanno piano piano lasciato il posto alle chitarre sempre più veloci, pesanti e hard, svelando la vera natura e l'amore musicale di questo mulatto canadese di Toronto cresciuto con il chiodo di pelle nera appiccicato addosso, con il vecchio hard/heavy degli eighties nelle orecchie e i riff di Kiss, Thin Lizzy e AC/DC nelle corde della chitarra, ma anche un anfratto pop da "vizioso" tormentone-sempre ben presente- che lo rendono appetibile a chiunque mastichi rock a 360° e non pretende troppe "seghe mentali" da chi sale sopra al palco con una chitarra.
Nulla di nuovo per chi già mastica il rock ad alto testosterone del canadese, ma la solita ripetitiva ma piacente formula rock'n'roll che Danko Jones sa rielaborare a suo piacimento, caricando di sex appeal ogni singola parola cantata dei suoi testi diretti e allusivi. Un instancabile lavoratore del rock, tutto dischi, sudore e tour che in quindici anni è riuscito a guadagnarsi il rispetto dei grandi (dal povero R.J.Dio all'intramontabile Lemmy, passando da John Garcia dei Kyuss) senza usare "finte" scorciatoie.
Un trio che oltre a Danko Jones alla voce e chitarra "spara riff" e al fido bassista John Calabrese, vede l'entrata in formazione del batterista Atom Willard già con i Rocket From The Crypt. Una band che continua a caricare le canzoni di urgenza interpretativa sia quando escono i riff zeppeliniani di You Wear Me Down, quelli pesanti e circolari di Conceited, o quelli heavy e taglienti al limite del thrash metal/hardcore di The Masochist. 
Piace un po' meno-all'orecchio rock-quando si ammicca troppo alla melodia come in Type Of Girl, un banale esercizio alla Offspring che convince poco e sa tanto di furbizia, o come in Always Away, un pop/rock con riff alla Ac/Dc che potrà anche fare il botto radiofonico, ma che affoga in troppa melassa. Insomma ci piace di più quando pesta e fa il cattivone.
Da gran cerimoniere del rock'n'roll può permettersi di chiudere il disco cantando la sua messa profana: il sermone gospel che precede I Believed In God (concluso da una reprise di organo da chiesa), una canzone che è un tormentone già al primo ascolto, proprio come tradizione di Danko Jones, e che diventerà sicuramente un bel momento durante i suoi infuocati e bagnati live.
C'è anche il tempo per una bonus track: In Your Arms, un classic Dark/Heavy alla Glenn Danzig che lascia trasparire anche il suo lato viziosamente oscuro.  
Danko Jones rimane uno dei pochi rocker odierni ad aver ereditato la vecchia formula del divertimento messo in musica: irriverente, ironico, abrasivo e ancora tanto ma tanto motherfucker. Un vizio "duro" a morire.



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