mercoledì 7 dicembre 2011

RECENSIONE: The BROWN SPACEBOB ( In The Jam LEM)

The BROWN SPACEBOB In The Jam LEM (Indie, 2011)

Gli amplificatori incandescenti piazzati al centro di Joshua Tree e le corse da inferno su ruote possono benissimo rivivere nel nord del Piemonte, senza che nessuna alterazione sensoriale ci aiuti ad immaginare il tutto.
The Brown Spacebob, sono attivi dal 2009 ma solo ora , dopo anni spesi in altre esperienze arrivano al primo lavoro autoprodotto.
Il loro percorso musicale è una continuazione attuale del movimento stoner che suonato venti/quindici anni fa, poteva apparire "moda", suonato oggi vuol dire totale amore e dedizione verso certi suoni che non hanno mai ottenuto la ribalta che altri movimenti del periodo ottennero(Grunge?), ma che si propagarono nel sottosuolo contaminando ed influenzando tanto quanto il Grunge. Cosa che avviene rappresentata benissimo durante l'ascolto di In The Jam LEM.
Ascoltando gli spazi dilatati dell'apertura John Quijote, dall'incedere psichedelico , con i suoi quasi otto minuti che si concludono sulle note spagnoleggianti di una chitarra; o le frequenze disturbate e il conto alla rovescia che introducono la circolare pesantezza space/psichedelica della strumentale Werner.
Ascoltando le più dirette ed immediate: Mork go to Work con le chitarre a duellare(Cristian Perini e Roberto Tobia), la più immediata Also Floats, guidata dal basso(Roberto Tambone), o gli sprazzi di rock'n'roll saltellante che esce da War.
Il retrogusto blues e settantiano, caro a gruppi come i Clutch, introdotto dalla batteria(Francesco tambone) che apre Monsterlike, con l'ottima coralità delle linee vocali(diverse e cangianti lungo tutto il disco) e il suo finale rallentato o nelle esplosioni che squarciano il lento incedere blues di Tainted che porta alla coda cosmic e jammata finale.
Canzoni che, come Reborn, anche quando chiamano in causa ingombranti riferimenti come l'ormai storico rifferama di Josh Homme e i più recenti QOTSA, riescono a nascondere spunti interessanti come le linee vocali e assoli di chitarra ficcanti.
Scorrevolezza d'ascolto che non guarda all'originalità ma che trasporta a quegli anni novanta fatti di rumore di ampli in saturazione che facevano da introduzione a sfocate e accecanti visioni. Amplificatori che aspettano un contratto discografico per viaggiare anche nel presente, lontani dalle mode, perchè dove c'è il fuoco di una batteria, un basso e due chitarre che suonano, non c'è posto per ciò che fa moda.

Per ascoltare tutto l'album in streaming: http://soundcloud.com/the-brown-spacebob

Per scaricarvi l'album gratis: http://www.tbsb.it/

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