mercoledì 29 settembre 2010

RECENSIONE: NEIL YOUNG (Le Noise)

NEIL YOUNG  Le Noise (Reprise records, 2010)


Le Noise va ascoltato di notte, quando il buio si impossessa della vista e rimaniamo solitari con i nostri dubbi e pensieri. Le luci delle case si spengono una ad una, lasciando alla luna il compito di indicare la via ai solitari vagabondi in strada. Quando le azioni della giornata sono già archiviate nel cassetto del passato e si fanno i conti con le future. Soli, come questo disco che emana un fascino particolare è stato registrato. Questa volta Young ha fatto centro, dopo la delusione di album come l'ultimo Fork in the road uscito solo un anno fa, sì istintivi, come nel suo classico modo di operare ma in qualche modo poveri se confrontati con il passato del canadese. Ci voleva la mano di un produttore di grido come Daniel Lanois per dare, ancora una volta, una sterzata alla carriera di Young. Questo sarà un disco che verrà ricordato alla pari dei suoi migliori lavori. Young e Lanois sono riusciti nel costruire qualcosa che il grande canadese non aveva mai fatto uscire durante i suoi quarant'anni di carriera. Una simbiosi che ha funzionato.
Di esperimenti Young ne ha sempre fatti, mettendo in discussione ogni volta la sua carriera ma seguendo sempre il proprio istinto, dischi registrati e mai pubblicati negli anni settanta, i criticati e bizzarri dischi dei primi anni ottanta come Re-ac-tor e Trans a dischi di pura sperimentazione e noise come Arc o la colonna sonora di Dead man.
Neil Young da solo e la sua chitarra, acustica ed elettrica. Tutti qua gli ingredienti su cui Lanois ha lavorato.
Registrato nella casa del produttore, questo è un disco chitarristico al cento per cento, tutto ciò che si sente è stato prodotto dalla chitarra di Young: riverberi, note basse, rumori ed effetti che costruiscono canzoni su cui si stagliano i testi di Young. Canzoni per buona parte nate acustiche e trasformate in elettriche, un esperimento che ha dato buoni frutti. L'amore e la consapevolezza di non poter invecchiare senza la persona amata, dopo una vita in cui molti amici non ci sono più in Walk with me. E' un disco in cui Young mette a nudo la sua vita, l'amore verso la compagna Pegi, da trent'anni al suo fianco, il rifuggire alla vecchiaia (argomento che si porta dietro fin dalla gioventù) e lo spettro della morte che come avvenuto in passato, gli ha tolto molti amici, non ultimo il fedele compagno di band Ben Keith, la rabbia verso il mondo in It's an angry world dove la chitarra è tagliente e si staglia chiara e forte in mezzo al nulla, così come in Sign of Love e Someone's going to rescue you.
Notte e brividi, ascoltando Peaceful Valley Boulevard, quasi una preghiera affinchè qualcuno si accorga di cosa sta succedendo in terra o l'acustica Love and war, dove Young si accorge di aver passato una vita a cantare di amore e guerra quando le persone continuano in modo perpetuo a pregare volontariamente o meno per amore e guerra.
Poi Young tira fuori dai cassetti una piccola autobiografia in musica che si ferma nel 1975, anno in cui fu composta The Hitchhicker. Chitarra elettrica , voce effettata ed echi, piccolo capolavoro tra confessioni di paranoia e droga. Il tutto si conclude con Rumblin', toccanti parole metaforiche tra terremoti terrestri e amore.
Le otto canzoni di Le noise saranno accompagnate da altrettanti video , in bianco e nero e suggestivi , girati dal regista Adam Vollick e che sembrano rappresentare alla meglio le canzoni in immagini. Ancora una volta Young sembra indicare una strada, ottenendo il massimo con uno stile minimale e una concezione artistica ed ispirazione che lo porta ogni volta a mettere in musica le sue idee, andando spesso incontro a critiche che questa volta ne sono sicuro non arriveranno. Prendere o lasciare.








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