LUCERO Women & Work ( ATO Records, 2012)
Avete presente la straniante sensazione da post serata alcolica e bagordi che si prova al risveglio in una domenica mattina come tante altre, resa diversa solamente dalle cronache
spinte provenienti dai ricordi del sabato appena trascorso? La stessa provata dal gruppo di amici protagonisti del film
Una notte da Leoni dopo aver slacciato i sensi inibitori a Las Vegas? Il film del regista Todd Phillips non è un esempio
altissimo ma rende pienamente l'idea di quell'humor tra il divertito ed il melanconico che ti assale al risveglio. Quella è la sensazione che il nuovo album dei
Lucero, il settimo della loro carriera, mi ha lasciato.
Women & Work non ripete vecchie e calpestate formule, per cui se non volete rimanere delusi: allargate e aprite bene le vostre menti. Se in testa avete ancora i loro vecchi, rozzi e
diretti dischi con le liriche intrise di incazzoso pessimismo, lasciate, oppure rilanciate(consigliato).
Women & Work dividerà. A me è piaciuto. Molto.
Questa volta i fiati, che sono apparsi per la prima volta nella loro musica nel precedente
1372 Overton Park , si impossessano completamente della scena ed il Menphis sound, almeno nella prima parte del disco, è presente e dominante.
Ben Nichols perde qui la sua peculiare e riconoscibile voce e si adatta maggiormente a canzoni più stratificate e soul, dalla produzione(affidata a Ted Hutt) certo più pulita, ma pienamente trascinanti e dirette. Come rimanere impassibili di fronte ad un honk-tonk intriso di soul come la title track
Women & Work, con i fiati di
Jim Spake e
Scott Thompson ad imperversare come fossimo dentro ad uno dei più chiassosi bar con tante bevute al bancone che ti aspettano durante la nottata
. Il bar Buccaneer non appare così tante volte in modo casuale durante l'ascolto del disco, tanto da rendere
Juniper un Southern boogie ad alta gradazione alcolica.
La ricetta è semplice, almeno in questa prima parte di canzoni: il duro lavoro di una settimana, per un semplice uomo del sud, merita una giusta rincompensa nel fine settimana: donne e alcol, per quanto il tutto possa apparire semplicistico e retorico, rappresentano il vero diversivo per milioni di americani(per la gioia delle femministe)
."Si lavora tutta la settimana, pensando alle donne e al weekend", dice
Nichols." '
Downtown'(la canzone in apertura)
è Venerdì sera,
'Go Easy'(la canzone posta in chiusura)
è Domenica mattina. Il resto del disco è la parte in mezzo".
Bramare l'appuntamento con una ragazza il sabato sera e progettare la fuga in sua compagnia nelle ballads intrise di soul
It May be Too Late e
Who You waiting On? è l'unico sogno romantico concesso.
Invitare a lasciarsi andare e divertirsi con l'arrivo del fine settimana, e poi farsi scappare la promessa "
tanto sarò buono stanotte" nell'iniziale
On My Way Downtown (e la sua breve intro, non lontana dal
Jersey Sound di Southside Johnny) è beffardo e poco rassicurante: a cosa dobbiamo credere? All'onestà, visto come prosegue il disco.
La seconda parte del lavoro è un piccolo bilancio di vita dopo le follie delle ore piccole: la solitudine e le laceranti relazioni amorose (
I Can't stand to leave You), rimpianti e profonde riflessioni di vita (la bella
When I was Young), i silenzi dei luoghi (
Sometimes), musicati su cullanti, desertiche e riflessivie country/rock songs che faranno storcere il naso a chi ricorda i primi e grezzi passi della band.
L'unica concessione al passato sembra arrivare dai pruriti rock'n'roll di
Like Lightning, dove la voce di
Ben Nichols torna roca nel raccontare di donne, labbra e baci tuonanti.
Sicuramente la canzone simbolo del disco, nel rappresentare così bene le varie sfumature del nuovo suono dei Lucero.
Il disco si conclude con il migliore degli auspici: "
vai felice".
Go Easy è una gospel-song corale e contagiosa che non ti aspetti ma che accogli con il sorriso, accompagnata dalle voci femminili delle "the Ho-Moams" e di
Amy Lavere.
In un momento in cui tutti guardano al passato e alle radici della musica (come i compagni di tour Social Distortion), anche i Lucero si guardano indietro e ritrovano la loro città:
Memphis vuol dire Stax, Sun e Elvis.
"Quando abbiamo iniziato, stavamo costruendo su fondamenta che non conoscevamo ancora", afferma il chitarrista
Brian Venable."Ascoltando di nuovo le nostre cose passate, ci sono molti riferimenti ai vecchi Sun Records. Allora, non l'abbiamo percepito ma riusciamo a farlo solamente ora" La
stella luminosa per qualcuno avrà la sua luce affievolita, io continuo a vederla ben luminosa. Il loro sound e la line up si stanno arricchendo(pianoforti, lap steel, fiati) con il passare degli anni, non venendo mai meno alla loro attitudine e raccontando una parte di States meglio di chiunque altro. E poi, come imbrigliare musicalmente una band nata camminando lungo Beale Street a Memphis?
I nostri che rimangono ai lavori forzati all'interno di un tipico
diner americano (nelle foto del booklet) la dicono lunga su come sia andata la sera prima. Dopo il weekend c'è sempre un lunedi.
vedi anche: SOUTHSIDE JOHHNY and The ASBURY JUKES-Pills and Ammovedi anche: GASLIGHT ANTHEM-American Slang