LOU REED/METALLICA Lulu ( Warner Records, 2011)
Ecco, finalmente, il matrimonio del secolo che farà discutere, dividerà, accomunerà, esalterà, riempirà i social network di discussioni, rischiando di non piacere ai parenti dei due sposi, oppure far nascere una nuova grande comune a conduzione familiare con lieto fine incluso.
Ma andiamo con ordine.
Come tante storie d'amore: galeotto fu il primo incontro. L'occasione si presenta per il 25° anniversario della
Rock And Roll Hall Of Fame al Madison Square Garden di New York, esattamente due anni fa, nell’ottobre 2009.
Lou Reed e i
Metallica suonano insieme sul palco
Sweet Jane e
White light/White Heat. Si piacciono a vicenda. Difficile diversamente, visto l'importanza dei personaggi nella storia della musica, al di là dei generi proposti, l'amore dei 'Tallica per il rock d'annata (i vari
Garage Days a testimoniarlo) e la curiosità di Reed nel confrontarsi con qualcosa di diverso e rumoroso (
Metal Machine Music fu buon profeta). A farsi avanti è il vecchio Lou, assente discograficamente dal lontano
The Raven (2003), che inizialmente propone alla band di incidere vecchie canzoni dimenticate nei cassetti, per poi cambiare idea e proporre di musicare lo spettacolo teatrale "Lulu", l’opera teatrale di Robert Wilson basata sui racconti di Frank Wedekind, andata in scena a Berlino.
Lulu è un opera dove il sesso è predominante fino ad divenire la forza dominante che tiene a galla il mondo, scagliandosi contro i pregiudizi preventivi della borghesia moralista e legata ai dogmi religiosi. La protagonista immaginaria è Lulu: dall'infanzia, passando alla sua attività di ballerina, i numerosi intrecci amorosi, la sua natura da "ammaliatrice" di uomini, fino all'incontro con Jack the Ripper e la morte. La sua vita diventa pretesto e
corpo per diffondere queste nuove
verità. Eros, sesso, dramma, crudeltà e morte gli ingredienti che fanno dell'opera, in origine scritta da
Albarn Berg, un
racconto fortemente osteggiato negli anni trenta e a quanto pare anche al giorno d'oggi, vista la censura che la copertina del disco ha già ricevuto a Londra.
Metallica e Lou Reed si chiudono in gran segreto in sala di registrazione con la supervisione di
Hal Willner e
Greg Fidelman ed in poco tempo, si parla di alcune canzoni "
buone alla prima", fanno uscire un disco, in alcuni punti eclettico che fa delle visionarie liriche, che seguono la storia, il vero punto focale.

Con incursioni elettroniche e arrangiamenti d'archi come uniche aggiunte esterne.
Lulu (il disco) è composto da dieci canzoni, quasi 90 minuti di musica suddivisi in 2 CD.
Questo è, a tutti gli effetti, un disco di Lou Reed musicato dai Metallica. Un
Berlin che pare, in molti punti, sovrapposto alle diverse incarnazioni a cui i Metallica ci hanno abituato negli anni(dall'old school thrash dei primi anni, passando al pesante hard rock del
Black Album fino alle sfumature più mainstream di
Load). Un disco che divide anche gli stessi protagonisti:
Lou Reed ne parla in modo fin troppo trionfalistico,
Kirk Hammett, il chitarrista dei Metallica, lo ha innalzato a miglior disco mai registrato dalla band,
James Hetfield si è subito prodigato a ribadire quanto
Lulu non sia il nuovo lavoro della band ma semplicemente una collaborazione.
Brandenburg Gate inizia con un tranquillo arpeggio e la voce di Reed che attacca il suo mantra recitativo:
(...I would cut my legs and tits off/When I think of Boris Karloff and Kinski/In the dark of the moon/It made me dream of Nosferatu/Trapped on the isle of Doctor Moreau/Oh wouldn’t it be lovely...), fino all'entrata di Hetfield e della band di San Francisco che ricorda non poco i Guns 'n' Roses alle prese con la dylaniana
Knockin' on Heaven's door.
Alcune cose sembrano funzionare come
Iced Honey con i cori di Hetfield (il ripetuto
...small Town girl...)
, quelli che abbiamo imparato a conoscere da
Load in avanti, da quando ha iniziato a cantare
bene diventando più noiosetto con le quelle parole fastidiosamente e stancamente allungate fino alla nausea appunto (in questo disco poco presenti quindi ben accolte). Oppure
Cheat on me, la più sperimentale, se non fosse per l'eccessiva lunghezza che tocca quasi i 12 minuti si farebbe anche apprezzare.
Il matrimonio riesce meno quando i Metallica fanno i Metallica mentre Lou Reed continua il suo lavoro recitativo e di reading (trattasi sempre e comunque di un'opera teatrale). Il rischio diventa così realtà.
Le due parti sembrano incollate una sull'altra, lasciando quella sensazione di copia-incolla che nuoce alle due parti e al prodotto finale.
Capita così di imbattersi in una delle canzoni più furiose dei Metallica da molti anni a questa parte, che li riconduce incredibilmente agli esordi di
Kill'Em All: Mistress Dread, una furia thrash metal/noise che però con il recitato declamatorio di Reed incollato sopra, perde tutte le sue potenzialità. Seguiamo la musica o ci concentriamo sulle parole? Oppure in
The View, cadenzata e pesante thrash song con un finale accelerato e lasciato alla voce di Hetfield.
Pumping Blood è forse il brano dove l'accostamento, pur nella sua diversità, funziona meglio. Stacchi pesanti e arpeggi lugubri si alternano, con le chitarre di Hetfield e Hammett che lasciano uscire sinistri riff
slayeriani che si pensavano persi chissà dove e Reed che accenna uno tra i pochi versi veramente cantati.
(If I pump blood in the sunshine/ And you wear a leather box with azaleas/And I pump more blood/ And it seeps through my skin/Will you adore the river /The stream, the trickle /The tributary of my heart).
La seconda parte del disco è quella che funziona meglio. La band si mette a completa disposizione di Reed, le sfuriate metal sono meno estreme e sembrano legare maggiormente con la voce .

Ottima
Frustration che include un recitato teatrale di Lou Reed accompagnato solamente dalla batteria di
Lars Ulrich ed un pesante e sinistro riff
sabbathiano che eleva la canzone, trasformandola nel miglior brano dell'opera
.(...But all I do is fall over/I don’t have the strength /I once had/In you and your prickless lover /And his easel in his eyes/I feel the pain creep up my leg/Blood runs from my nose/I puke my guts out at your feet/You’re more man than I/To be dead to have no feeling /To be dry and spermless like a girl /I want so much to hurt you...).
Little dog è cantata interamente da Reed con un sottofondo liquido e quasi inesistente,
Dragon è hard rock che convince con un buon assolo di Kirk Hammett. Il finale è affidato ai 20 minuti di
Junior Dad, eterea canzone con la presenza di orchestrazioni e la fine del sogno con il brusco risveglio accluso.
Lulu è un'opera che va ascoltata con i testi alla mano e la
santa voglia di ripetere gli ascolti, nonostante il minutaggio elevato di quasi tutti i brani possa scoraggiare. La prima sensazione è senza dubbio straniante.
Un'opera che sicuramente resterà unica e irripetibile. L'unione di due mondi diversi (il terzo è l'opera teatrale). Due entità artistiche dissonanti-sotto molti punti di vista, generazionale e musicale in primis-che cercano un punto d'incontro e trovano alcune difficoltà nel percorso. Vanno premiati il coraggio e la voglia di mettersi in gioco.
Sul lato negativo: pesano la riuscita di pochi brani tra i dieci proposti, l'elevato minutaggio-che poche volte fa rima con scorrevolezza-e l'impressione che difficilmente ci ricorderemo di queste composizioni in futuro. Sottolineando quanto sia difficile musicare un'opera teatrale senza far cadere la tensione e far perdere la concentrazione.
Uno sfizio che gioverà più agli interpreti che agli spettatori. Anche economicamente.
Voto 6,5