lunedì 12 aprile 2021

RECENSIONE: SUZI QUATRO (The Devil In Me)

SUZI QUATRO  The Devil In Me (SPV/Steamhammer, 2021)


un diavolo per capello

A Suzi Quatro non si può non volere bene, soprattutto dopo essere caduti innamorati davanti ai suoi attillati vestiti di pelle nera, al suo basso pulsante, alla sua ribelle carica giovanile. Erano gli anni settanta e potevi avere dieci anni, venti o cinquanta ma lei in qualche modo riusciva a catturarti senza mettere in campo troppi ammiccamenti o pose sexy. Posò pure per Penthouse: vestita di pelle naturalmente, ma non la sua. Non era da tutte. 

Potevi averla conosciuta con le note di '48 Crash', 'Can The Can' o nascosta sotto gli abiti di Leather Tuscadero, praticamente i suoi, in Happy Days ma difficilmente passava inosservata senza lasciare segni futuri. Chiedere alle riot girl che arriveranno dopo di lei. 

Ora che di anni ne ha settanta (eh, non si dovrebbe dire ma credo che a lei interessi poco), dice di aver registrato il suo miglior disco di sempre. Non so se abbia ragione o meno (gli artisti dicono sempre così dei loro ultimi dischi), so solo che questo nuovo album prosegue diritto nella stessa direzione del precedente No Control uscito due anni fa: davanti a tutto c'è la libertà artistica che può permettersi a questo punto della carriera. Ad aiutarla in fase compositiva e alla chitarra c'è ancora una volta il figlio Richard Tuckey, frutto del suo primo matrimonio ma soprattutto buona spalla su cui appoggiarsi per riprendersi un posto che le spetta di diritto. 

The Devil In Me è un disco fresco, vario e vivace, fatto di tante chitarre ma anche di momenti di grande atmosfera blues. Pieno di belle canzoni che non hanno grandi pretese se non quella di dimostrare che se hai il groove e il rock'n'roll sotto le unghie a vent'anni continui a graffiare anche a settanta. 

Se agli estremi troviamo ancora il pulsante rock'n'roll che ci ricorda il passato, certo il bubblegum non è più di moda e si è pure indurito un po', quello con il riff di chitarra più moderno e hard dell'iniziale tite track, quello glam, boogie e on the road della finale 'Motor City Riders', in mezzo troviamo anche tutta la maturità di un'artista che ama ancora giocare con il pop ('You Can' t Dream It'), il soul ('My Heart And Soul'), il blues (la scatenata 'Get Outta Jail'), con notturni R&B  ('Isolation Blues' e 'Love' s Gone Bad') e con la ballata "In The Dark' che ne svelano una inaspettata ma vincente anima da soul crooner. È pur sempre figlia di quella Detroit musicale, quindi del rock'n'roll e della Motown, si percepisce. 

Ah dimenticavo: Suzie Quatro indossa splendidamente anche i suoi anni maturi, senza trucchi e senza inganni.





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