mercoledì 21 aprile 2021

RECENSIONE: DAVID OLNEY and ANANA KAYE (Whispers And Sighs)

DAVID OLNEY and ANANA KAYE  Whispers And Sighs (Appaloosa Records, 2021)



l'ultimo saluto

"Mi dispiace": con queste parole David Olney, chitarra ben stretta in mano, si è accomiatato dal mondo. È successo il 18 Gennaio del 2020 durante un suo concerto al 30A Songwriters Festival a Santa Rosa Beach, in Florida. 

Non era ai saluti finali, non era un semplice "arrivederci alla prossima" dato in pasto al suo pubblico, era solo alla terza canzone quando il suo cuore non ha più retto. Era veramente un addio al mondo. Improvviso. Inaspettato. Sul palco. Dieci anni prima era stato operato a quel complicato organo che tiene in piedi tutto ma il peggio sembrava essere passato. Sembrava. Olney aveva 71 anni e sebbene non arrivò mai al grande successo di pubblico, è stato uno dei songwriter di Nashville più amati e saccheggiati: da Johnny Cash a Townes Van Zandt (che una volta disse "ogni volta che qualcuno mi chiede chi sono i miei autori musicali preferiti, dico Mozart, Lightnin 'Hopkins, Bob Dylan e Dave Olney") da Emmylou Harris a Steve Earle, in tanti hanno cantato le sue canzoni. Prima di morire, però, aveva portato a compimento un piccolo grande sogno, che lui stesso disse essere ambientato in un'epoca tra il 1890 e il 1920. Durante il sogno, ubicato in una città apparentemente non esistente (ma che Olney indica simile a Parigi o Vienna), era in corso una guerra (nella dolente  'My Last Dream Of You' ci sono gli ultimi ricordi di un soldato in punto di morte)  ma tutto intorno però fioriscono e svaniscono amori e amicizie. In 'Behind Your Smile' cantano di quanto sia importante avere qualcuno che condivida i tuoi stessi sogni. Insomma, nonostante tutto, si respira ottimismo a pieni polmoni

Già i sogni. Nel sogno di Olney, in quella città, c'è perfino un bistrò vicino alla strazione ferroviaria dove incontra due musicisti di Nashville. Una coppia artistica e nella vita: la giovane cantante di origine georgiana Anana Kaye, 26 anni, e suo marito Irakj Gabriel, chitarrista. È però tutto vero. I frutti di questo incontro artistico  sono documentati in alcuni video presenti su Youtube. 


Su tutto l'album sembra sempre calare l'oscurità portata in dote dalle voci della Kaye e dalla straordinaria interpretazione dello stesso Olney che si alternano al canto in canzoni dove Americana e cultura dell'Est Europa si incrociano in modo divino. 

Aleggia un tono greve che sa di antico, di passato, imbastito da arrangiamenti d'archi e pianoforte ('Whispers And Sighs'), dalla teatralità su cui è costruita 'The World We Used To Know', dalle ballate acustiche dolenti come 'Tennessee Moon' e la quasi preveggente  'My Favorite Goodbye', dalla waitsiana e notturna 'Thank You Note' fino alla finale 'The Great Manzini', quasi un connubio perfetto tra Leonard Cohen e Nick Cave. 

Ma non mancano un paio di scosse elettriche come 'Lie To Me, Angel' e la stonesiana 'Last Days Of Rome' con un riff alla Keith Richards, un sax a sbuffare fumo e con Olney che sembra quasi darsi al rap in quella che è forse la canzone più particolare e staccata dal contesto.

Un lavoro certamente ambizioso, non facile, ma riuscitissimo. Se entrate nel mood verrete ripagati. Ecco, quando Olney esclamò quel "mi dispiace" prima di accasciarsi sul palco, forse nel suo debole cuore sapeva che questo suo ultimo sogno prima o poi si sarebbe avverato. Vista la qualità non poteva rimanere nascosto per troppo tempo.






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