martedì 8 settembre 2020

RECENSIONE: TENNESSEE JET (The Country)

TENNESSEE JET  
The Country (Thirty Tigers, 2020)
 



one man band in cerca di compagnia 

L'adolescenza di Tennessee Jet potrebbe essere uguale a quella di tanti altri ragazzini americani che grazie al lavoro dei genitori hanno potuto girare in lungo e in largo gli Stati Uniti. Sua madre e suo padre bazzicavano per rodei con un pick up Ford e i cavalli al seguito mentre ad accompagnare il susseguirsi dei paesaggi c'era sempre una radio accesa che passava Bob Dylan, Willie Nelson, Waylon Jennings e se si cambiava canale uscivano pure le chitarre '90 del grunge. Ecco che quegli ascolti hanno lasciato un segno indelebile venuto utile quando il giovane ha iniziato a imbracciare una chitarra seguendo le orme di quelli che nel frattempo erano diventati per lui importanti quanto e più dei cavalli dei rodei. 
"Una volta che ho iniziato a fare la mia musica, ho capito che anche se avessi imparato quei suoni, avrei comunque emulato qualcun altro. Ho dovuto fare musica tutta mia. Per sapere cosa puoi apportare a un genere, a volte è bene fare l'opposto di quel genere, così puoi provare quei vestiti e vedere come ti stanno. Le cose che sono autentiche per te, le conservi. Le cose che non vanno, le scarti. " racconta. 
THE COUNTRY è il suo terzo disco, il più completo musicalmente, il più country certamente. Se i primi due erano scarni e con frequenti puntate rock (TJ McFarland, ecco il suo vero nome, si esibisce come one man band dove Steve Earle sembra amoreggiare con i Black Keys), questa volta sembra guardare maggiormente al lato bucolico della sua arte, a quegli ascolti adolescenziali che lo hanno accompagnato per tanti chilometri, anche se non mancano alcune scosse elettriche: nel grunge alla Nirvana, pure un po' troppo, di 'Johnny', dedicata alla leggenda country degli anni 50 Johnny Horton, scomparso nel 1960 in un incidente stradale, investito da un ubriaco, e in 'Hands On You', tra Tom Petty e Bruce Springsteen, soprattutto. Tolte le due cover 'Pancho & Lefty', un classico di Townes Van Zandt che abbiamo sentito rifatto mille e una volta, qui con gli ospiti Elizabeth Cook, Cody Jinks e Paul Cauthen alle voci e la tromba di Brian Newman e una 'She Talks To Angels' dei Black Crowes in una versione totalmente bluegrass, altrove troviamo una buona gamma di tracce country rock. Rotolanti come l'autobiografico honky tonk d'apertura 'Stray Dogs', che sembra nascere là dove finiva 'I Want You" di Bob Dylan o ballate dall' umore nostalgico guidate da pedal steel ('Sparklin Burnin Fuse' 'The Raven & The Dove', 'Someone To You') e violini ('The Country', 'la sitaria' Off To War') accompagnate dalla stessa band che accompagna Dwight Yoakam in tour. 
Non sono sicuro che Tennessee Jet sia riuscito a dare nuova linfa al country rock come lui stesso sostiene, sicuramente il disco gira bene e senza cali di tensione. Fresco. Al giorno d'oggi sembra già una buona vittoria per non affogare dentro a cliché triti e ritriti.





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