venerdì 27 settembre 2019

RECENSIONE: STURGILL SIMPSON (Sound & Fury)

STURGILL SIMPSON   Sound & Fury (Elektra, 2019)




cambiare per non morire
Che Sturgill Simpson sia uno dei personaggi più bizzarri capitati alla musica americana negli ultimi anni lo aveva già confermato il precedente disco A Sailor's Guide To Earth uscito tre anni fa, una sincera lettera indirizzata al figlio che diventava un manuale di sopravvivenza al mondo che manteneva ancora quel suono country americana dei precedenti dischi High Top Mountain (2013) e Metsmodern Sounds In Country Music (2014) imbastardendolo con la psichedelia ma soprattutto il soul di casa Stax.
Un passo indietro verso l'outlaw country e due avanti verso qualcosa di sempre originale, tanto da essere considerato uno dei pochi veri innovatori di certi vecchi suoni che abitavano il passato della musica popolare americana.
Questa volta con Sound & Fury, il cantautore del Kentucky si distanzia notevolmente dagli esordi, e di passi indietro non ne fa proprio, abbracciando suoni decisamente più rock, rumorosi, elettronici a tratti industrial "ci siamo buttati senza nessuna idea preconcetta e ne siamo usciti con un album di rock ‘n’ roll trasandato e spinto. È in assoluto il mio lavoro più psichedelico. E il più pesante".
Il primo video estratto ('Sing Along') credo sia una buona sintesi di quello che nasconde il disco: un suono che raccoglie a piene mani dagli ZZ Top periodo Recycler, dai Black Keys, perfino dai Queen Of The Stone Age (Simpson chiama in causa anche T Rex, Cheap Trick, Bee Gees e John Mayal) ma soprattutto lo imbastardisce con synth, loop e rumori assortiti, pare di sentire anche i Black Mountain, e lo presenta con un video diretto dallo scrittore regista Jumpei Mizusaki e il disegnatore di personaggi Takashi Okazaki. Tutto l'album (42 minuti) viaggerà a braccetto con le immagini: un cartoon giapponese futuristico e post apocalittico verrà trasmesso su Netflix dal giorno d'uscita.
Che sia un addio definitivo o solo un arrivederci al country lo sa solo lui.
Se avete amato i vecchi dischi vi metto in guardia, qui Simpson va veramente da altre parti insieme alla sua band (Chuck Bartels al basso, Bobby Emmett alle tastiere e Miles Miller alla batteria): lo si intuisce subito dallo strumentale d'apertura 'Ronin', cupa e con una chitarra psichedelica, dalla marziale 'Remember To Breathe', dai battiti elettronici di 'A Good Look', dal soul spaziale e rumoroso di 'Best Clockmaker On Mars', dalla scheggia cyber rock'n'roll di 'Last Man Standing' che pare amoreggiare con Fatboy Slim, dai sette minuti industrial, rumorosi e carichi di distorsioni della finale 'Fastest Horse In Town'. Qualche rara traccia del passato nelle più quiete 'All Said And Done' e 'Mercury In Retrogade' che mette sotto accusa l'industria discografica.
Il classico disco da adesivo "handle with care" ma se siete dotati di larghe vedute musicali (altrimenti non vi piacerebbe Sturgill Simpson) e vi piacciono le sfide, anche Sound & Fury potrebbe regalare qualche bel momento.
Con questo disco Simpson sfugge ancor di più da ogni forma di catalogazione: uno che ama guidare decisamente fuori strada, lontano dalle strade più battute, dove il rischio più ricorrente è trovare poca gente sul ciglio strada ad applaudirti.








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