giovedì 5 settembre 2019

RECENSIONE: IGGY POP (Free)



IGGY POP   Free (Caroline, 2019)
I Wanna Be Free
FREE, il nuovo disco di IGGY POP è una passeggiata breve ma intensa alle prime luci dell'alba verso il mare. A inizio Settembre. In solitaria e completa libertà, a torso nudo naturalmente: "I Wanna Be Free" ripete nella breve title track che innesca la sveglia al disco.
Riflessivo, contemplativo, meditativo, amaro, carico di suggestioni. Parlato. A tratti scomodo. Quando hai voglia di stare solo con te stesso, i tuoi pensieri, i tuoi demoni, i tuoi sogni. Con il futuro perso da qualche parte in quell' orizzonte lontano tracciato dall'acqua salata. Post Pop Depression doveva essere il suo ultimo disco. Invece eccolo nuovamente qua. Camaleontico, libero di passeggiare sulla musica in totale libertà, sbattendosene di tutto e tutti. "Questo album in qualche modo mi è capitato, e ho lasciato che accadesse" ha raccontato. Così sia.
Si nutre della luce fioca del sole ancora basso ma timidamente già sveglio: il battito rock di 'Loves Missing' dà la scossa e il buon risveglio scandito dalla chitarra di Aaron Nevezie, anche se sarà la chitarra 
di Noveller, ossia Sarah Lipstate, anche autrice, a segnare le canzoni più ostiche. Il brano più smaccatamente Iggy Pop del disco. Perché qui siamo più dalle parti dello sperimentale Preliminaries, uscito giusto dieci anni fa.
Un sole pronto a scaldare il ripetitivo rumore delle onde e il sussurro disordinato del vento ('Sonali' è scandita da drum machine e synth, spettrale ma colorata dalla serpeggiante tromba, legata da un sottile filo all'ultimissimo David Bowie). Ecco, il suono della tromba di Leron Thomas che accompagna i 34 minuti si aggiunge spesso disegnando malinconia, insinuandosi tra le tante vie delle rughe e la voce segnate dal tempo (sono 72!).
C'è più consapevole tristezza nell'aria e il timido sorriso pop di 'James Bond' e lo straniante ardore latino di 'Dirty Sanchez' sembrano soccombere sotto la tensione degli ultimi quattro brani: gli ululati a bassa voce di 'Page', i sonetti della poesia lasciata dall'amico Lou Reed e donata a Iggy Pop da Laurie Anderson, recitata con voce chiara e perentoria sul tappeto ricamato da Thomas (autore di almeno metà disco), e le restanti 'Do Not Go Gentle Into That Good Night' e 'The Dawn' sono sermoni cupi, carichi di tensioni che paiono condurre più verso le tenebre della notte che verso il sole del giorno. Allora quella copertina si potrebbe capovolgere e trasformare in una passeggiata nell'ora del crepuscolo. Poco cambierebbe.
Iggy Pop ha detto: "questo e' un album in cui altri artisti parlano per me, ma a cui io presto la mia voce". Buona passeggiata e buona libertà a tutti.



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