martedì 15 gennaio 2019

DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA # 72: DENNIS WILSON (Pacific Ocean Blue)

DENNIS WILSON  Pacific Ocean Blue (1977)





ho scritto "oceano" sulla sabbia
Marina del Rey, Los Angeles. Dennis Wilson sembra in preda allo spirito del subacqueo cacciatore: si tuffa in acqua una volta, poi due, poi tre. Quando riemerge, ogni volta ha qualcosa di molto personale in mano. Oggetti che lui stesso aveva gettato in mare qualche anno prima dalla sua imbarcazione ormeggiata nel molo, in preda a qualche raptus isterico. Amore? Quella barca non era più sua da tempo, era stato costretto a venderla per recuperare i tanti soldi sperperati in vita, e quel 28 Dicembre del 1983 era ospite di amici, gli stessi che lo guardavano mentre un po’ alticcio da vodka entrava e riemergeva dalle acque dell'oceano. Uno, due, tre volte. Alla quarta il mare si quieta per troppo tempo. Sarà il solito scherzo di quel mattacchione di Dennis. Dennis Wilson muore inghiottito da quello stesso oceano che gli aveva dato tutto in vita, tanto che gli sembrò naturale intitolare il suo primo e unico disco solista, uscito cinque anni prima, proprio Pacific Ocean Blue. Fu il primo album solista di un membro dei Beach Boys e sorprese tutti perché arrivò dalla mente e dalla penna della pecora nera di famiglia, il piccolo Dennis che dentro ai Beach Boys ci finì perché lo mise la mamma e finì dietro la batteria perché solo quel posto era rimasto. Poco male perché proprio ispirandosi a lui, il fratello Brian tirò fuori le hit più balneari che fecero la fortuna del gruppo. Dennis era forse il meno dotato dal punto di vista artistico ma certamente era lo sportivo di famiglia a cui ispirarsi per scrivere testi: aveva il fisico, la passione del surf, grande successo con le ragazze (si sposò ben cinque volte) e quell'aurea da bello e maledetto che lo porteranno a intraprendere i vizi più pericolosi (la santa trinità: coca, eroina e alcol) e frequentazioni poco sane (vedasi la parentesi a casa Charles Manson, il quale cercò di sfruttare l'amicizia per entrare nel mondo della musica, fino a quando Wilson tagliò tutti ponti capendo con chi aveva a che fare ).
Quando Pacific Ocean Blue uscì, i Beach Boys erano ai minimi storici di ispirazione e successo, tenuti in piedi proprio da Dennis; nel mondo musicale non si parlava d'altro che di punk, a chi vuoi che interessi l’album del batterista degli (ex) ragazzi da spiaggia? Così sarà, perché l’album, una sorta di diario delle sue abilità costruito in sette anni grazie al supporto di James Guercio, non ebbe troppo successo commerciale anche se la critica lo promosse, accrescendo il suo valore con il tempo. Dennis forse lo sapeva e nelle note di copertina sembrava scusarsi già con troppo anticipo “questo è il mio primo disco lontano dai Beach Boys. Sono sicuro che capirete il mio nervosismo. Vi ringrazio per il supporto e vi invito a mandare commenti o suggerimenti dopo averlo ascoltato”. Invece, Dennis Wilson che in questo album le bacchette della batteria le lascia volentieri ad altri, suona tutti gli strumenti possibili, prediligendo il pianoforte e stupisce tutti con canzoni che esulano totalmente dalla discografia della band per raggiungere uno status emozionale che sa di malinconia e verità, di amori falliti, tormento e disperazione, disperata ricerca di una pace interiore che mai troverà e che la sua voce roca da trentatreenne già in pensione ma interessantissima sa rendere al meglio. Dal gospel iniziale di ‘River Song’ alla straziante dedica ad un amico scomparso ‘Farewell My Friend’ (che tornerà tristemente utile al suo funerale), dall’arcigna’Friday Night’ alla dolente ‘Thoughts Of You’, la corale ‘Rainbows’, i sospiri e il crescendo di ‘Time’, i fiati della felina ‘Dreamer’, la confidenziale ‘You And I’, alla profetica ‘End Of The Show’, Dennis Wilson gioca in musica nello stesso campo su cui ha giocato la sua vita, su quel bordo della scogliera che da sul precipizio, su quella onda cavalcata fino alla fine. Fino a quando ce n'è. Adrenalina e urgenza dettano lo struggente spartito scarabocchiato di pop soul, funky e psichedelia salata di iodio. Imperfetto ma vero come i suoi occhi e la pelle bruciata dal sole californiano del suo viso che riempie la copertina. Un disco che rimase introvabile per venti anni, poi la ristampa del 2008 lo fece riemergere insieme al disco perduto Bambu (che lo stesso Wilson riteneva superiore) che non fece mai in tempo a pubblicare perché troppo perso a vivere (male). Qualcuno ha trovato il tempo per sceneggiare la vita del fratello Brian in un bel film (Love & Mercy) , ma la vita di Dennis Wilson è altrettanto degna di essere ricordata (rimane il bel documentario della BBC) , magari partendo proprio dal fotogramma finale per poi andare a ritroso: la quiete delle acque dell'oceano in primo piano dopo che l’ultima onda della sera ha cancellato la scritta “Pacific Ocean Blue” disegnata sulla sabbia.



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