venerdì 24 novembre 2017

RECENSIONE: AMERICA (Heritage: Home Recordings/Demos 1970-1973)

AMERICA  Heritage: Home Recordings/Demos 1970-1973   (Omnivore, 2017)




Mi sciolgo con poco. Prendete gli AMERICA, una delle prime band ascoltate e amate tra i miei sei e dieci anni, raccogliete sedici tracce (occhio alla traccia nascosta: una versione a cappella del loro maggior successo ‘Horse With No Name’) recuperate tra demo, inediti e provini risalenti al primissimo periodo della band e farete di me un uomo contento come pochi.
HERITAGE: HOME RECORDINGS/DEMOS 1970-1973 esce per l’ etichetta Omnivore e grazie alla collaborazione dei due membri Gerry Beckley e Dowey Bunnell (sue le parole di presentazione nello scarno booklet interno)-purtroppo il terzo componente Dan Peek, uscito dal gruppo nel 1977, ci ha lasciato nel 2011- recupera preziose testimonianze risalenti al periodo immediatamente precedente la realizzazione del primo album uscito nel 1971, del secondo HOMECOMING (tra cui spicca una bella versione di ‘Ventura Highway’) e del terzo HAT TRICK, più 'Monster', canzone poi inclusa su HARBOR del 1977. "Avevamo 17, 18 e 19 anni quando incominciammo seriamente a scrivere queste canzoni nel 1970." Racconta Bunnell.
Alcune sono versioni embrionali di canzoni che finiranno sul debutto (‘Riverside’, Rainy Day’ ‘Satan (Donkey Jaw)’, altre inediti come ‘James Holladay’ e ‘Sea Of Destiny’ registrate a Londra al Chalk Farm Studio quando erano solamente tre giovani ragazzi dal futuro ignoto, figli di tre militari statunitensi in servizio nel TRegno Unito che scelsero di chiamarsi America dopo aver visto un jukebox "Americana" in una caffetteria, e la bella ‘Mitchum Junction’ registrata ai Buzz Studios di Los Angeles nel 1972.

Ci sono idee abbozzate ( la breve ‘When I Was Five’), canzoni fatte e finite, molte verranno arricchite nei passaggi successivi in studio. Tutto molto grezzo e spartano (alcune canzoni sono monche, spesso si sentono rumori e le voci in studio) ma abbastanza per mettere in fila le loro principali influenze (Crosby, Stills & Nash, Neil Young, i Beatles), il loro folk rock dalle impeccabili melodie pop e a ruota il mio cuore affamato di musica, tenuto presto a battesimo dai loro dischi.



AMERICA: Back Pages (2011)
AMERICA: Silent Letter (1979)
AMERICA: Homecoming (1972)
GERRY BECKLEY-Carousel (2016)



2 commenti:

  1. Ricevuto il CD ieri. Bellissimo, e mi ritrovo perfettamente nella recensione!
    Maurizio

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  2. Concordo con quanto hai espresso più volte riguardo il trio o duo in questione e capisco la tua reazione se qualcuno dovesse deriderli/ti. Certi dischi ti entrano sottopelle specie se hanno segnato un percorso di crescita e magari introdotto ad un genere specifico quale la West Coast. A me successe con gli Eagles come gli America un po' snobbati da certa critica. Durante quell' arco di tempo da te indicato in cui posso riflettermi, gli Eagles furono un passepartout per conoscere i vari Browne, CSN & Y con varianti e combinazioni possibili, lo stesso Neil Young,FBB, Byrds, Nitty Gritty Dirti Band e tutta la California dal jingle jungle Byrdsiano passando dal Sunset Trip in fiamme dei Doors alla Frisco psichedelica dei vari Grateful Dead,Jefferson Airplane e Quicksilver ecc. Gli America inoltre non possono mancare in quella ideale playlist che ti porti ogni estate in auto facendo finta ancora una volta e a 61 anni suonati che la strada costiera (indifferentemente adriatica o tirrenica) sia la tua California, culla ideale di quei sogni che nemmeno il rosso alla White House potranno distruggere.
    Armando Chiechi ( Bari)

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