giovedì 10 aprile 2014

RECENSIONE: BIGELF (Into The Maelstrom)

BIGELF Into The Maelstrom (Insideout Music, 2014)




La creatura di Damon Fox cresce come un fungo allucinogeno lasciato sotto il sole californiano (loro sono di Los Angeles): le radici nel passato, le nefaste conseguenze, per chi lo coglierà e lo assaggerà, nel futuro. Sono passati ben sei anni e tanti problemi (cambi di formazione, problemi con l'etichetta discografica) dall'ultimo album in studio Cheat The Gallows, e venti dalla nascita, ma la vena compositiva deviata è rimasta ben salda dentro il cilindro calato nella testa di Fox, ormai diventato un one man band assoluto, dopo la dipartita degli altri membri storici del gruppo che lo hanno lasciato solo al momento della stesura delle canzoni, ma comunque sostituiti su disco da Luis Maldonado alle chitarre (buon lavoro il suo) e Duffy Snowhill al basso (comunque in formazione dal 2000). L'arrivo in soccorso di Mike Portnoy (ex batterista di Dream Theatre e mille altri progetti), un presenzialista a cui non si può certamente negare la passione musicale e un posto in squadra, ha riportato la voglia di ripartire in quarta, unitamente agli studi di registrazione Kung-Fu Gardens messi a disposizione da Linda Perry (ex 4 Non Blondes) che ha collaborato anche alla stesura di Already Gone e agli occhi vigili in produzione di Alain Johannes (Queens Of The Stone Age, Them Crooked Vultures tra i suoi lavori).
La musica dei Bigelf è rimasta la stessa tinozza piena e strampalata di sempre, forse meno sorprendente e a volte perfino (fintamente) confusionaria nell'eccesiva ricerca del grandeur d'effetto (chi? i Queen?) che rischia di perdersi o anche farci perdere le mille intuizioni sparse un po' ovunque, ma sempre affascinante e con un po' di attenzione si potranno cogliere tutte le sorprese nascoste dietro ad ogni angolo di questo lungo viaggio temporale all'interno della mente umana: le care melodie beatlesiane sparse un po' ovunque (Already Gone, Theater Of Dreams), teatralità glam grandguignol (The Professor & The Madman, Mr. Harry McQuhae) e allucinata (Vertigo), crescendo progressive/psichedelici che riportano alla mente King Crimson e Genesis (gli otto minuti del viaggio finale ITM), la nuova direzione fantascientifica e apocalittica (l'accoppiata iniziale Incredible Time Machine, Hyperspeed), tastiere e il groove dettato dalla pesantezza delle chitarre sabbathiane (Alien Frequency, Control Freak), schegge indefinibili di pazzia musicale (High, Edge Of Oblivion) si prendono per mano ed iniziano a girare in tondo veloci, sempre più veloci fino a portare allo stordimento, lanciando la follia compositiva in ogni direzione.
I Bigelf sono creatura non per tutti, da maneggiare con cautela, da prendere a piccole dosi inizialmente. Quello che in principio potrebbe sembrare uno spocchioso calderone vintage ha le capacità di tramutarsi in una esperienza esaltante e letale. Se vi lasciate coinvolgere nel vertigo è finita.



vedi anche RECENSIONE: THE WINERY DOGS- The Winery Dogs (2013)
vedi anche RECENSIONE: THE NASHVILLE PUSSY- Up The Dosage (2014)


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