giovedì 14 luglio 2011

RECENSIONE: BLACK COUNTRY COMMUNION (2)

BLACK COUNTRY COMMUNION 2 (J/R Adventures-Mascot, 2011)


A Glenn Hughes, è tornata la voglia di cantare e suonare in una band e tutto nonostante i suoi ultimi tre album solisti siano veramente ottimi. L'uscita del secondo lavoro del supergruppo Black Country Communion ad un solo anno dal debutto è significativo, ma quello che più sembra importante , è la conferma della durabilità e bontà artististica del progetto ribadita a fuoco con il tour che ha toccato l'Italia nella tappa del 28 Giugno a Vigevano in compagnia di John Mayall..
Come tutti i supergruppi, nato come svago da tempi morti, i Black Country Communion sembra vogliano fare sul serio, spingendosi ancora oltre quanto fatto nel già buon esordio. Hughes ha trovato nel blues guitar hero Joe Bonamassa una spalla ideale su cui appoggiarsi per tornare all'hard rock, come ai vecchi tempi dei Deep Purple(mark III) negli anni settanta e Bonamassa a sua volta , con questa band, riesce a dare sfogo a certi riff pesanti, che nelle sue prove soliste sono solo abbozzati. Al tutto si aggiungono un Jason Bonham mai così in stato di grazia( e il padre da lassù osserva orgoglioso) e un Derek Sherinian alquanto prezioso con sue tastiere mai invasive ma fondamentali per ricreare un suono seventies.
Con questo secondo disco , i BCC estremizzano le canzoni, toccando punte hard che il primo disco solo sfiorava e momenti di pura melodia. Lo si capisce immediatamente dalle due canzoni d'apertura. The Outsider è una mazzata in pieno viso con Hughes che gioca a fare il verso a Chris Cornell ( o meglio sarebbe dire il contrario). Canzone pesante, immediatamente doppiata da Man in the middle, che sfodera il riff di chitarra miù moderno dell'intero disco, incisiva e immediatamente memorizzabile da sembrare già un piccolo classico.
Save me rimanda immediatamente a Kashmir dei Led Zeppelin. Una citazione più che voluta che comunque nella sua lunghezza si trasforma diventando una suite dove le tastiere dal sapore orientale suonate da Sherinian prendono il sopravvento. Canzone proposta da Bohaman e scritta durante la sua permanenza nella reunion dei Led Zeppelin e si sente.

Su Little Secret, un classico blues scritto da Hughes, Joe Bonamassa va a nozze mentre Crossfire alterna ottimi chorus melodici a riff pesanti e cadenzati. The battle for Hadrian's wall cantata da Bonamassa (sua la voce anche su An Ordinary son) parte acustica raggiungendo quel phatos e grandiosità che rievocano certe composizioni care ad un gruppo come gli Uriah Heep, mantenendo l'assetto acustico dei migliori Led Zeppelin "bucolici".
Una seconda prova che pareggia e supera in alcuni momenti il debutto, anche se richiede un ascolto più attento, soprattutto dovuto ad una produzione volutamente sporcata che inizialmente sembra fare da freno alla fluidità del disco. Un disco fatto da professionisti della musica che rincorre ancora le emozioni dettate dal cuore, ma questo con la presenza del carisma di Mr. Hughes era un dato assodato.

3 commenti:

  1. Grazie mille Mr. Bottazzi...è un onore ;)

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  2. Ascolto Hard Rock da quando avevo 13 anni ora ne ho quasi 42, ho comperato tanti dischi e visto tanti concerti. Era da un pezzo che non usciva un disco così bello. Questo è un gran bel disco, suonato e cantato benissimo . Per tutti gli amanti dell'H.R. anni 70.

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