martedì 21 dicembre 2010

Recensione: MOTORHEAD-The World is yours


MOTORHEAD The World is yours (UDR, 2010)

"...voglio dire, voi insegnate alla gente che il Messia era il frutto dell'unione tra la moglie di un vagabondo(fra l'altro vergine)e di uno spirito? E questo sarebbe il fondamento di una religione diffusa a livello mondiale? Non mi convince. Immagino che se Giuseppe si è bevuto questa, si meritasse di dormire in una stalla!..."da "La sottile linea bianca- autobiografia"-Lemmy
Ecco, l'anno si conclude con una certezza in campo rock. Lemmy festeggerà il suo sessantacinquesimo Natale il 24 Dicembre e noi sotto l'albero avremo il ventesimo album della sua band. Tanto per mantenere le tradizioni.
I Motorhead o si amano o si odiano. Chi li tagga di immobilismo cronico, chi ne elogia la coerenza. Non si può obiettare sulla dedizione totalitaria al rock di un personaggio, culto rock'n'roll vivente e recentemente, pure oggetto di studi medici improntati sulla sua straordinaria longevità tentata ed ostacolata da tutti i possibili vizi. Lemmy con il suo basso e i Motorhead passano il loro tempo a registrare dischi e fare tour, cosa si vuole di più da una band che suona rock? I maligni invocheranno una maggior cura nelle uscite discografiche, ormai a scadenza biennale ma i Motorhead continuano ad impartire lezioni e questo "The World is yours" è un pachiderma in grado di schiacciare l'aspirazione di qualunque giovane band che si affaccia nel mondo della musica.
Nessuna pausa durante le dieci canzoni e i quaranta minuti di questo disco. Nessun rallentamento o concessione a ballads, che in fondo non erano poi così male interpretate dal vocione cavernoso di Lemmy. Se negli ultimi lavori erano comparsi alcuni omaggi al blues, questa volta ad uscire dalle casse è l'amore di Lemmy e soci per il rock'n'roll primigenio, con il quale sono cresciuti. Rock'n'roll music, strizza l'occhio al boogie rock dei migliori Ac/Dc ,era Scott e la scollacciata e finale Bye bye bitch bye bye tradisce l'amore incondizionato per Chuck Berry, naturalmente rivisto a volumi alzati.
Quando poi si ascolta la più moderna, pesante ed oscura Brotherhood of man, con un Lemmy più ringhioso del solito, si capisce che ai Motorhead piace anche cambiare le carte in tavola e spiazzare. Con testi diretti ed esplicti come la titletrack che esorta tutti a riprendersi il mondo finito in mano a pochi potenti o la pesante critica sulla religione che compare in Get back in line finendo con l'unica certezza, vera religione e salvezza: il rock'n'roll( Rock'n'roll music).

Le restanti sono, più o meno, mid-tempo convenzionali e con il marchio Motorhead ben impresso a fuoco con tanto di autoriferimenti, come il primo singolo Get back in line, Outlaw o l'apertura affidata a Born to lose, mentre più spedita viaggia I know what you need. Comunque da sottolineare la sempre pregevole prova di Philip Campbell alla chitarra e negli assoli sparsi in tutti i brani, un chitarrista sempre troppo sottovalutato e l'incessante potenza della batteria di Mikkey Dee, compagni perfetti di padron Kilmister da molti anni a questa parte e formazione più stabile della storia del gruppo.

In periodi come questi è sempre bene e consigliabile andare sul sicuro, anche nella musica. I Motorhead non hanno mai tradito. Buon Natale e buon compleanno Lemmy!


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