Sapete come ci si sente ad ascoltare un concerto con due persone dietro di te che non fanno altro che parlare per un'ora e mezza no? A voce alta, naturalmente, perché la musica sembra un ostacolo per loro.
Altro che problema dei telefonini, qui siamo ad alti livelli di cafonaggine, almeno chi ha un telefono in mano un po' di interesse verso ciò che succede sopra al palco sembra dimostrarlo. Spostarmi? No, niente affatto, ho difeso il mio posto. Litigare? No, è venerdì sera e non voglio. Per fortuna ci pensa Curtis Harding a tasportarmi lontano, ti carica sopra la sua nuova navicella spaziale, quella protagonista dell'ultimo concept album e s'innalza da terra guardando tutto dall'alto in basso. Un viaggio metaforico nel buio dello spazio che diventa esperienza dentro a sé stessi. Siamo sempre in movimento, dovremmo esserlo sempre, anche quando lontani dai propri affetti si soffre lo smarrimento.
Per i primi quarantacinque minuti di concerto Departures & Arrivals: Adventures Of Captain Curt, uscito poche settimane fa, è il grande protagonista, privato degli arrangiamenti e delle finezze presenti su disco, tutto arriva diretto, in your face, un concentrato dove c'è tutto il mondo di Curtis, nato nel Michigan, e cresciuto seguendo gli spostamenti della madre cantante gospel: il vecchio suono Stax e Motown, il funk, il R&b, la psichedelia, perfino accenni disco. I musicisti stanno tutti al loro posto, anche Curtis non è un personaggio istrionico da palco, si concede dei grandi occhiali, passa dalla chitarra al tamburello, sale di falsetto ma il carisma arriva a paccate: quando scherza, quando invita a cantare con lui, quando chiede quanti di noi abbiano già il nuovo disco che ci sta suonando da cima a fondo.
Dopo una breve pausa, la seconda parte di concerto è dedicata ai suoi primi tre album Soul Power, Face Your Fear e If Words Were Flowers, che lo hanno candidato ad essere uno dei nuovi principi della black music americana. A proposito di re, recentemente ha omaggiato D'Angelo, scomparso da poco con l'esecuzione di Brown Sugar, che sa quasi di passaggio di testimone, anche se tra loro diversissimi, la black music ha bisogno di ritornare a dettar legge.
L' alto numero di giovani spettatori presenti, che per una volta fa sentire noi cinquantenni, in su, in minoranza, fa ben sperare per il futuro della musica. Intanto sotto i colpi di On And On e Keep On Shining è difficile rimanere fermi e pure i due tizi dietro di me, sul più bello, sembrano essersi placati, godendosi il loro momento di riposo mentre Harding con i suoi straordinari musicisti sulle note della finale Need Your Love ha in mano tutto il locale, bello pieno per l'occasione. Si congeda con le dita in alto verso il cielo augurandoci "Peace And Love". Noi qui dentro siamo pronti ad eseguire, sentiamo cosa ne pensa il brutto mondo là fuori.




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