lunedì 19 luglio 2010
CROSBY, STILLS & NASH: recensione CONCERTO Milano Jazzin' festival 16 Luglio 2010
Quando la puntina del giradischi finiva la sua corsa dopo l'ultima nota di Pre-Road Downs capitava, a volte, che continuasse a girare all'infinito in un continuo fruscio. Si accorreva velocemente e si riaccompagnava la leva a mano, si girava il disco e ripartiva Wooden Ships. Si riprendeva in mano la copertina doppia apribile e si guardava quell'enorme foto interna con tre teste che spuntavano fuori da pellicce abbottonate fino al collo. Doveva fare parecchio freddo quel giorno quando fecero lo scatto.
Quelle tre teste sono, stasera 17 Luglio 2010, proiettate sul palco dell'arena civica di Milano: non fa freddo , la temperatura supera i trenta gradi, le zanzare sono appostate come killers e sopra quelle teste il colore dominante è il bianco. Insomma, sono passati 40 anni da quel luccicante esordio ma una cosa è rimasta intatta: gli impasti vocali e le caratteristiche che hanno fatto di Crosby, Stills & Nash una leggenda della musica.
David Crosby è chiaramente il meno in forma dei tre fisicamente, starà fermo per tutto il concerto, come dargli torto dopo tutto quello che ha subito in vita, rimane un sopravvissuto del rock'n'roll che assume ancor di più quell'aria da guru che gli venne tributata all'epoca, tanto che molti videro la sua figura nel personaggio di Dennis Hopper in Easy Rider. Il carisma e la voce però sono rimaste quelle di allora.
Stephen Stills rimane il rocker del gruppo, anche lui sembra ben ristabilito, sempre pronto a colorare i suoni con la sua chitarra e impreziosire il tutto con i suoi assoli.
Graham Nash è il cerimoniere, il più attivo fisicamente, scalzo, si sposta da una parte all'altra del palco, dialoga con il pubblico e delizia con la sua romantica delicatezza canora presentandosi spesso in scena con un calice di buon vino rosso.
La setlist è quella che stanno portando in giro per l'Europa e comprende quelle cover che presto usciranno in disco con la produzione di mister Rick Rubin e che sembrano aver ridato nuovi stimoli al gruppo.
La partezza è bruciante, con il sole che sta calando, irrompe Woodstock. La canzone della Mitchell è diventata il simbolo di una generazione che si illudeva di cambiare il brutto del mondo con la musica ma che ora è rassegnata a cercare di tappare il greggio che fuoriesce da una piattaforma, consapevole che meno lo si fa uscire, più anni di vita daremo a questo povero mondo.
La prima ora di musica vedrà anche una strepitosa Wooden Ships con grande coda finale e Stills protagonista, Long Time Gone , Southern Cross dal sempre sottovalutato "Daylight again" del 1982, Military Madness e In your name dal repertorio solista di Nash, Bluebird dei Buffalo Springfield, Marrakesh Express e una sorpresa come Long May you run dal disco omonimo del duo Young-Stills.
A dare man forte: i fidi Joe Vitale alla batteria e Bob Glaub al basso più i due tastieristi.
Dopo una pausa di circa 20 minuti, il concerto riprende in modo acustico e qui il tutto si colora. Gli strepitosi impasti vocali dei tre galleggiano nel silenzio assorto dell'arena creando quella magia che solo le loro tre voci insieme riescono ad emanare. Possiamo così ascoltare una succulenta anteprima del prossimo disco in uscita a fine anno: Girl from the north country (Bob Dylan), Ruby Tuesday (Rolling Stones), Norwegian wood (Beatles) tra le altre e poi una stupenda Guinnevere cantata in coppia da Crosby-Nash che da sola vale l'intero concerto. La potenza vocale di Crosby, con i suoi capelli brizzolati sventolati da un ventilatore, irrompe in Delta mentre Nash ci delizia con Our House cantatissima dai fan e una epica Cathedral ripescata dall'omonimo del 1977. Bellissima.
C'è ancora il tempo per l'elettricità di Behynd blue eyes dal repertorio Who, che non ha nulla da invidiare all'originale, la richiestissima Almost cut my hair e il finale con, finalmente, tutto il pubblico che lascia le sedie, sotto richiesta di Nash, e si avvicina alle transenne sottopalco.
Ovazione e messaggio recepito, il trio vuole sentire il calore e ora io mi chiedo perchè non poteva essere tutto il concerto così? Si tratta sempre e comunque di rock e le sedie mal si adattano al caso.
Love the one you're with e Teach your children , cantate da tutto il pubblico, pongono fine a più di due ore di grande musica consacrata a rimanere tale nei secoli dei secoli. Punto.
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