giovedì 9 giugno 2016

DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA # 12: IAN HUNTER (Short Back N'Sides)

IAN HUNTER-Short Back N’ Sides (1981)




Per tutti i grandi che hanno cavalcato da protagonisti gli anni settanta, presentarsi preparati al nuovo decennio che bussava alle porte non è stato facile. Fu una sfida e tanti la persero. IAN HUNTER, cuore inglese con anima americana, ci prova nel migliore ma più difficile dei modi, con coraggio e spregiudicatezza, visto che deve difendere una reputazione dopo il riuscito YOU’RE NEVER ALONE WITH A SCHIZOPHRENIC uscito nel 1979 (senza dimenticare i Mott The Hoople), e lo fa reclutando 2/4 del più grande gruppo sulla piazza in quel momento, consegnando loro le chiavi dello studio di registrazione Power Station a New York. Sono i Clash a segnare il passo di queste dieci canzoni, ed è proprio MICK JONES a dettare legge in produzione e alla chitarra (insieme a MICK RONSON), unitamente al sempre poco raccomandabile e defilato TOPPER HEADON che siede dietro alla batteria. Un taglio agli inconfondibili ricci, brillantina in testa e si parte con un disco che scivola in mille direzioni diverse. Non cercate sicuri punti di riferimento qua dentro. Se una certa normalità è scandita e garantita dal rock’n’roll clashiano di ‘Lisa Likes Rock N’Roll’, ‘Gun Control’ (una marcetta che avanza divertente con i suoi ganci reggae) e ‘Central Park N’ West’ e dalle ballate come ‘Rain’ e ‘Old Records Never Die’, una romantica ode alla musica; sono i pezzi più coraggiosi e fuori misura a sorprendere.
Mick Ronson, Mick Jones e Ian Hunter in studio
Il reggae/dub tout court di ‘Theatre Of The Absurd’, le traballanti impalcature di modernismi in ‘Noises’ costruite tra rumori assortiti, caos dub e rap primitivo, i frizzanti momenti pop R&B di ‘I Need Your Love’ con il sax di GARY WINDO e il basso di TODD RUNDGREN (anche ai cori), e il funk cantato con voce suadente da navigato crooner di ‘Leave Me Alone’. A concludere una ‘Keep On Burnin’ che inizialmente avanza timida come qualche ballata notturna estrapolata da THE RIVER di Springsteen ma poi si tinge di soul, esplodendo nel finale sorprendentemente gospel. Questo è il SANDINISTA di Ian Hunter. Sì, insomma…quasi.




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