lunedì 12 marzo 2012

RECENSIONE: FRANCESCO PIU ( ma-moo tones)

FRANCESCO PIU ma-moo tones ( Groove Company, 2012)

Che la Sardegna fosse terra di blues, già lo sapevamo e mi piace citare anche la letteratura contemporanea con Flavio Soriga e il titolo del suo bel libro Sardinia Blues, per rimarcarne il concetto, che sia attinente o meno. Da oggi,Francesco Piu ha pensato bene di metterci un suggello ufficiale.
Come avvenuto per Jaime Dolce, anche Francesco Piu è stato una delle tante chitarre che ho conosciuto attraverso i concerti e i dischi di Davide Van De Sfroos.
Il piccolo chitarrista sardo ha già all'attivo due album solisti (Blues Journey-2007 e Live ad Amigdala Theatre-2010) ed una sfilza di collaborazioni live e di studio da far impallidire tanto quanto il suo modo di suonare, senza contare i numerosi riconoscimenti ed apprezzamenti nazionali ed internazionali (Guitar Club l'ha definito:una vera e propria forza della natura) che con l'uscita di ma-moo tones lo trasformano, nel giro di undici canzoni, da promessa a una delle più fulgide realtà musicali italiane ed europee.
Come nel romanzo di Soriga, volutamente privo di punteggiatura, cascata di parole libere di diffondersi e oltrepassare confini della carta e raggiungere l'obiettivo, anche Francesco Piu riesce, anche grazie all'aiuto preziosissimo di Daniele Tenca in fase di scrittura dei pezzi e del mitico bluesman newyorchese, ma cittadino del mondo, Eric Bibb( appena uscito il suo nuovo album Deeper in the Well) in fase di produzione artistica, a liberare note dalla sua chitarra, facendole letteralmente volare dentro a canzoni che non hanno paura di travalicare il puro blues per esplorare altri territori.
Con una copertina (ritratta la tipica maschera di carnevale sarda Mamuthones) che non sfigurerebbe nella vetrina di qualsiasi negozio di vinili della Louisiana, ma-moo tones sa omaggiare devotamente il passato quanto calarsi nel presente grazie alla complicità ed immediatezza del più classico blues-trio: in compagnia di Davide Speranza all'armonica e Pablo Leoni alla batteria. La tradizione e le radici risiedono dentro alle tre cover del disco: Soul Of a Man di Blind Willie Johnson per sola chitarra elettrica e percussioni, nella strumentale Third Stone From the Sun di Hendrix suonata con una vecchia chitarra 1900' Parlour e nella rilettura del traditional Trouble So Hard con tanto di sampler di campane Mamutones a legare simbolicamente la Sardegna con le paludi degli States.
Paludi, mistero e sacri riti che spuntano dalle uniche due canzoni autografe( musica e parole) di Francesco Piu nel beat/blues alla Bo Diddley di Down On My Knees con la chitarra resofonica ed in Overdose Of Sorrow dove compare la chitarra baritono di Eric Bibb

Dalle profonde radici si risale fino a trovare le influenze reggaeggianti di Hooks in my skin( quando è necessario chiudere le porte con il passato e cercare la propria strada), i puri pezzi di bravura di Colors, percussiva e ritmata per sola acustica e batteria e Stand by Button guidata dal banjo.
Caducità di questo presente che poco si avvicina alla terra promessa nella iniziale, tirata ed elettrica The End Of Your Spell con un banjo infiltrato e malandrino dentro all'impetuosità della Lap Steel, alla cadenzata rapacità di Over You, singolo con tanto di video. E poi, lascio per ultima Blind Track, per me,vero gioiello di questo disco: una lenta e sentita ballad, dove si può apprezzare, oltre che l'ispirata e buona voce del chitarrista sardo, anche il grado di maturità raggiunto in fase di scrittura dei pezzi con la complicità di Daniele Tenca. Ecco, Francesco Piu e Daniele Tenca: il blues ha due buone ragioni in più per piantare le proprie radici nella profondità della terra italica. Qui la bella intervista a Francesco Piu su Black&Blue Blog di Alessandro Zoccarato

vedi anche JAIME DOLCE'S INNERSOLE-Sometimes Now

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