domenica 5 febbraio 2023

RECENSIONE: DEWOLFF (Love, Death & In Between)

DEWOLFF  Love, Death & In Between (Nuclear Blast, 2023)



pausa soul

Conquistare una platea quando non suoni per il tuo pubblico ma aprendo per star mondiali come i Black Crowes, o quel resta di loro, non è mai facile. Si rischia sempre grosso e già solo l'indifferenza di chi si fa i cazzi suoi con una birra al bar sembra una conquista.

Il trio di olandesi DEWOLFF oltre a suonare senza timore reverenziale quella sera d'autunno conquistò il pubblico al suono di un hard blues con venature sudiste e psichedeliche super seventies tutto chitarra, voce  (Pablo Van De Poel), hammond (Robin Piso) e batteria (Luka Van De Poel). Fu un'ovazione meritata e le birre in alto sotto al palco, non al bar, servirono a salutarli sperando di rivederli presto con un concerto tutto loro.

Ecco uscire a pochi mesi da quel bel biglietto da visita (per quanto mi riguarda) il loro ottavo album in carriera, un disco che però mostra un altro lato, meno rock e irruento, più  riflessivo e sfumato. Maturo. Diverso. Canzoni nate dopo l'ascolto di tanto soul, gospel e R&b, dopo aver assistito a un sermone di Al Green e dopo la lettura di molta letteratura americana. 

"Perché, dopo tutto, la musica ci sembra una religione. È qualcosa che è nella nostra mente tutto il tempo. È ciò a cui dedichiamo tutta la nostra vita” spiega Pablo Van De Poel. E i giovani Dewolff, comunque in pista dal 2007, sembrano veramente aver barattato l'anima nel nome del rock'n'roll, lo si capisce sul palco e lo confermano in studio, che poi sembra quasi la stessa cosa.

Il risultato sono dodici canzoni registrate senza troppe sovrastrutture dietro, dal vivo su nastro analogico, in uno studio di Kerwax nella Bretagna in compagnia di una nutrita sezione fiati e coristi. Un disco che gira intorno a 'Rosita', pezzo da sedici muniti che racchiude bene tutte le influenze del trio: si sente il southern rock, la Motown, la Stax, il rock’n’roll, il gospel. Fughe strumentali, acidità psichedelica e terra blues si susseguono in un brano che è un vero monumento eretto alla musica. Difficile che qualcuno ci pisci sopra, potrebbe accontentare tutti.

Il disco si apre invece ad alta velocità con 'Night Train' e subito lo spirito di James Brown sembra volare e sbuffare aria black sopra a fiati e chitarre. Si prosegue tra boogie blues che chiamano in causa gli Stones di Exile e Joe Cocker con i suoi cani pazzi (la bella e convincente 'Heart Stopping Kinda Show'), soul ('Will O' The Wisp', Gilded (Ruin Of Love')), blues notturni e piangenti ('Mr. Garage Man'), gospel trascinanti e esaltanti ('Counterfeit Love'), R&B tosti e pieni di chitarre e fiati ('Message For My Baby', 'Wontcha Wontcha') fino alla soffusa 'Queen Of Space &Time' dove i Doors amoreggiano con i Jethro Tull e ne nasce il finale di disco perfetto.

Un disco caldo, corposo, pieno di sfumature e bei suoni che mantiene alte le quotazioni di questi tre olandesi pieni di talento e totalmente innamorati e devoti a tutta la musica, naturalmente con data di scadenza 1979.

Guardo le date del loro tour per curiosità, dell'Italia neppure l'ombra e come sempre ci si domanda: perché?



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