sabato 6 agosto 2022

RECENSIONE: HANK WILLIAMS JR. (Rich White Honky Blues)

 

HANK WILLIAMS JR.  Rich White Honky Blues (Easy Eye Records, 2022)



figli

Appena uscito, Rich White Honky Blues ha debuttato al numero uno delle classifiche country americane. Questo per farci capire quanto Hank Williams Jr. conti ancora in patria. Uno che in vita ha dovuto trascinarsi dietro il fardello del pesante nome del padre (per poi darlo anche a suo figlio Hank III)  ma che in qualche modo si è costruito la sua onesta carriera tra country, southern rock e idee patriottiche che solo se vivi in America puoi capire e forse condividere. Dentro di lui però ha sempre bruciato il fuoco nero del Blues e un disco del genere arrivato a 73 anni sa di sfogo e liberazione. Non si sa se resterà solo un divertimento o un nuovo inizio. Intanto c'è!

Di country dentro a queste dodici canzoni, quindi, non sentirete nulla: questo è un omaggio al blues dall'inizio alla fine. Accanto a tre canzoni originali scritte da Williams ('Rich White Honky Blues', I Like It When It's Stormy', l'autobiografica ' Call Me Thunderhead') trovano posto composizioni di Robert Johnson, Muddy Waters, R.J.Burnside, Lightnin' Hopkins, Jimmy Reed. Quello che sorprende maggiormente è il suono catturato: grezzo, sontuoso, vero che Dan Auerbach è riuscito a cogliere in poche sedute di registrazione senza portarlo, una volta tanto, in territori Black Keys a lui cari. Registrato a Nashville all' Easy Eye Sound di Auerbach insieme a vere e proprie leggende del North Mississippi Country Blues come i chitarristi Kenny Brown e Eric Deaton, il batterista Kinney Kimbrough, l'armonicista Tim Quinne, Rich White Honky Blues pur non presentando sorprese ha la forza di sorprendere e tenerti incollato all'ascolto. Si sente l'amore, la devozione e il divertimento (pure qualche parola) girare tra i solchi delle canzoni. 

"Quando siamo entrati in studio, più abbiamo suonato, più siamo entrati in profondità – e più siamo entrati in profondità, più volevamo andarci".

E divertente è pure l'aneddoto che ha dato il titolo all'album e alla canzone omonima. Williams, "ma chiamatemi pure Thunderhead", dice sia arrivato in dono da un incontro che fece da adolescente con l'attore Redd Foxx, ossia il burbero rigattiere Fred Sanford della sit com americana Sanford and Son (ve la ricordate?) andata in onda nella prima metà degli anni settanta in America e nei primi anni ottanta in Italia. Una serie coraggiosa per l'epoca: gli attori erano tutti afroamericani e temi sociali e razziali non erano rari.

Il vecchio Redd disse di avere tutti i dischi papà Hank, così Thunderhead si immaginò Fred Sanford alle prese con il figlio Lamont nella sitcom:" Lamont! Why you hanging out with all those old rich white honkies for?'". Ecco il titolo! Una delle mie serie tv preferite che mi ricorda pomeriggi casalinghi davanti alla tv e i libri di scuola chiusi. Poi, scopro che la serie fu musicata da Quincy Jones. Tutto torna. Viva la musica.




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