venerdì 7 giugno 2019

NEIL YOUNG + STRAY GATORS (Tuscaloosa)

NEIL YOUNG + STRAY GATORS  Tuscaloosa (Reprise, 2019)





Oh Alabama, can I see you and shake your hand?
"Non riusciva a ricordare niente. Era troppo fuori fase. Troppo distante. Fui costretto a dirgli di tornare a L. A.". Così Neil Young parlò di Danny Whitten in una intervista rilasciata a Rolling Stone nell'agosto del 1975. Neil Young faceva molto affidamento sulle capacità di Whitten alle voci e alla chitarra per il tour che stava preparando insieme a Ben Keith, Jack Nitzsche, Tim Drummond e Kenny Buttrey (poi sostituito nel corso del tour da Johnny Barbata): gli Stray Gators avrebbero portato in giro le canzoni di Harvest uscito nel Febbraio del 1972. Un disco più accessibile, osannato dalle vendite e dai magazine ma snobbato dalla critica più severa che lo bollò come melenso. "I fan dei Crazy Horse non rimasero colpiti" raccontò Neil Young nell'autobiografia Il Sogno Di Un Hippie.
Il nome di Danny Whitten gli fu suggerito: non c'erano i Crazy Horse ma Whitten avrebbe potuto fare ugualmente la differenza. Quando il chitarrista si presentò alle prove sembrò subito chiaro che non potesse dare il contributo che tutti speravano. Whitten era perso, schiavo e soggiogato dall'abuso di sostanze stupefacenti, irriconoscibile, fu cacciato con un biglietto d'aereo in mano. Nessuno avrebbe mai pensato a quello che sarebbe potuto succedere dopo. Morì il 12 Novembre 1972 per una mistura letale di alcol e barbiturici, proprio quando il tour era pronto, in fase di partenza (a Gennaio 1973 il debutto). Un giro esteso di concerti in grandi spazi (Harvest fu un grande successo che generò sold out ovunque) che Young affrontò con nervosismo, insicurezza e grandi sensi di colpa dopo aver rispedito a casa Whitten. Il giorno dopo la morte scrisse 'Don't Be Denied' (qui presente nei suoi otto minuti), autobiografica all'eccesso, che diventò un po' il simbolo di quelle serate spesso nervose con il pubblico sconcertato dalla eccessive spigolosità elettriche e dal drappo troppo scuro che rivestivano le canzoni di Harvest. Non era certamente quello che i suoi fan si aspettavano di ascoltare. La tensione era sempre al massimo, anche tra i musicisti, che arrivarono a chiedere pure una pesante cifra di ricompensa, più alta di quella pattuita.
"È affilato, come quelle canzoni dolci con un lato tagliente. È un trip essere di nuovo a Tuscaloosa, Alabama, e cantare quelle canzoni da Harvest e da Time Fades Away" ha raccontato recentemente Young dopo aver riascoltato i nastri di quel concerto. Dal tour venne ricavato l'album ufficiale Time Fades Away, registrato in diverse serate ma composto da canzoni assolutamente inedite, mai sentite prima.
 Questo nuovo capitolo degli archivi, presentato dalla bella foto di copertina di Joel Bernstein (sul retro lo stesso tir a fari accesi nella notte che campeggiava sullla back cover di Time Fades Away), invece, prende in considerazione un solo concerto, quello del 5 Febbraio 1973 tenuto all'università di Tuscaloosa in Alabama e pesca molto da Harvest ('Harvest' preceduta da una falsa partenza e dalla presentazione della band, 'Old Man' ispirata dal vecchio custode del suo Broken Arrow Ranch, 'Heart Of Gold', l'invettiva di 'Alabama' eseguita per la prima volta in Alabama, la sbilenca 'Out In The Weekend' con la steel guitar di Ben Keith), due le ritroveremo su Time Fades Away (la stessa 'Time Fades Away in una versione molto più veloce e' Don' t Be Denied'), altre due canzoni troveranno spazio su Tonight's The Night "una sorta di veglia funebre" dirà (una splendida 'New Mama' elettrica, una 'Lookout Joe' dedicata ai soldati reduci dal Vietnam) che uscirà solo due anni dopo. I concerti si aprivano con Neil Young da solo sul palco: l'elogio alla lentezza di 'Here We Are In The Years' dal suo debutto, solo voce e chitarra e una intensa e pianistica 'After The Goldrush', presentata come "un sogno che ho avuto una mattina" fanno da preludio all'entrata della band.
Purtroppo la scaletta non è completa: alcune canzoni non vennero registrate ('Southern Man' e 'Needle and the Damage Done') altre come 'On The Way Home' e 'The Loner' sono state scartate da John Hanlon e dallo stesso Neil Young: la prima perché già presente in molti live, la seconda perché non troppo buona e "stonata".
Con questo live si fa un po' di luce sull'inizio della trilogia oscura. Quel tour di 60 date ("il più lungo e il più grande di sempre" fino ad allora, dirà Young) non fu perfetto: fu estenuante, costoso, dispendioso di energie e di pazienza (ci furono spesso problemi di audio dovuti alle grandi strutture poco adatte per un concerto rock) e purtroppo traghettò Neil Young verso un'altra terribile notizia. La morte del roadie Bruce Berry avvenuta nel Giugno del 1973. Ma questa è ancora un'altra storia di uno dei periodi musicali più tristi ma ispirati della sua carriera.

ph. JOEL BERNSTEIN

RECENSIONE: NEIL YOUNG-A Treasure (2011)
RECENSIONE: NEIL YOUNG & CRAZY HORSE- Americana (2012)
RECENSIONE: NEIL YOUNG & CRAZY HORSE-Psychedelic Pill (2012)
RECENSIONE: NEIL YOUNG-Live At The Cellar Door (2013)
RECENSIONE: NEIL YOUNG-Storytone (2014)
NEIL YOUNG & CRAZY HORSE live @ Barolo, 21 Luglio 2014
RECENSIONE: NEIL YOUNG + PROMISE OF THE REAL-The Monsanto Years (2015)
RECENSIONE: NEIL YOUNG-Bluenote Cafè (2015)
RECENSIONE: NEIL YOUNG +PROMISE OF THE REAL-Earth (2016)
RECENSIONE: NEIL YOUNG-Peace Trail (2016)
NEIL YOUNG: gli ANNI 2000
RECENSIONE: NEIL YOUNG-Hitchhiker (2017)
RECENSIONE: NEIL YOUNG +PROMISE OF THE REAL-The Visitor (2017)
RECENSIONE: NEIL YOUNG-Songs For Judy (2019)


Nessun commento:

Posta un commento