mercoledì 8 agosto 2012

RECENSIONE: MATT WALDON ( Oktober )

MATT WALDON   Oktober (Arkham Records, 2012)

C'è un vecchio proverbio veneto che dice: Ottobre xe quasi mato, ma nisun ghe fa el ritratto.
Il trentenne cantautore padovano Matt Waldon con il suo primo album solista non riuscirà ad invertire un proverbio centenario ma dei piccoli ritratti musicali ce li regala ugualmente, attraverso la stesura di dieci canzoni che puntano verso l'americana, dove il nostro vicino fiume Po può benissimo prendere le veci del lontano Mississippi, diventare un serpente affascinante e misterioso, conservare storie e ricordi, senza soffrire la sindrome del più debole.
Oktober giunge a coronare, o meglio far partire una carriera solista fatta di un ep ed un disco (Out of Love-2011) già registrati con la sua precedente band Miningtown, il primo ep acustico da solista Amnesia(2011), più alcune esperienze live di spessore come l'apertura ad alcuni concerti italiani di Neal Casal-che diverrà un buon amico- e la partecipazione al prestigioso SXSW festival di Austin in Texas.
Registrato all'Arkham studio di Rovigo, Oktober è impreziosito da un nutrito numero di ospiti, molti internazionali, che riescono a regalare al disco un forte carattere da esportazione oltre confine ed oceano. Insomma: Po o Mississippi, pianura padana o Arkansas non fa differenza quando irrompe l'armonica western di Dirty Roads, preceduta dalla breve intro per chitarra e banjo di Like A Secret. Country and roll sullo stile del più ruspante e dinamico Ryan Bingham e non dissimile da quello che usciva dai solchi del vecchio disco dei The Notting Hillbillies(1990) di Mark Knopfler. L'ombra del chitarrista scozzese sembra ispirare, in buona parte, anche il southern pub/rock che ricorda i primi e migliori  Dire Straits in Sad Song, con la chitarra ispiratissima del newyorchese Kevin Salem; mentre la titletrack Oktober è un rock con l'ospitata dell'amico toscano Cesare Carugi (autore del buon Here's to the Road) ai cori ed il carezzevole violino di Caitlin Cary, ex violinista dei Whiskeytown di Ryan Adams; e Can You Feel The silence è un ottimo e trascinante brano, con una grande melodia portante, prova di gruppo con Davide Gioachin al basso, Giampietro Viola alla batteria e la chitarra di Matt.
Ma le cose migliori , Oktober le regala nelle intimistiche ed introspettive ballads elettro-acustiche, dove Waldon riesce ad esprimere maggiomente le sue potenzialità compositive e melodiche, segnate ed ispirate fin da giovanissimo dalla perdita di una figura importante come quella paterna a cui tutto il disco è dedicato e che fu  spinta e coraggio per imbracciare una chitarra. La pianistica introspezione (piano suonato da MrMichael) di I Know  dove la voce di Matt viene doppiata  dalla promessa del folk francese Paloma Gil, quasi a voler ricreare l'antica intesa tra una Emmylou Harris e il compianto Gram Parsons ma trasportati ai nostri tempi dove davanti alla parola country c'è un moderno alt; il connubio tra la voce maschile e quella femminile è un buon elemento caratterizzante del disco, che tocca anche la bella Born to be Alone che ricorda l'amato Ryan Adams con l'altra voce femminile di Caitlin Cary ed il bel lavoro chitarristico di Enrico Ghetti; il teso e accecante incedere di Promises che ha il sapore dei deserti della polverosa frontiera tex-mex e dove le chitarre giocano un bel ruolo; la forza evocativa/emozionale della ballata folkie Nasty Mind mentre la conclusiva Will, ancora in coppia con la voce di Paloma Gil, è il primo singolo con tanto di videoclip che ha anticipato di un mese l'uscita del disco (3 Settembre 2012), e gioca con le ombre e le luci soffuse condotte dal violino di Carol Nuckols. 
Un altro gran bel prodotto di artigianato nostrano. Registrato e confezionato con impeccabile cura, dimostra quanto negli ultimi anni il rock italiano con radici americane abbia fatto passi da gigante, raggiungendo quell'agognato supporto, rispetto e scambio musicale con altri artisti di caratura internazionale. Una rarità fino a pochi anni fa.                                                                                        foto by Cristina Visentin




 




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