La coerenza degli Overkill dal New Jersey è quasi spaventosa. Pochi gruppi in campo thrash metal possono vantare una carriera che rasenta la perfezione-forse solo gli Slayer. Poche sbavature ed una fedeltà totale al genere musicale. Anche quando hanno cercato di battere nuove strade (I Hear Black-1993 e From the Underground and below-1997) il livello compositivo si è mantenuto al di sopra della sufficienza, ed il trademark della band riconoscibile ed onesto. Consapevolezza delle proprie possibilità? Fedeltà alla propria musica, marchiata a ferro e fuoco? Rispetto assoluto verso i fans? Nella loro discografia nessun Load, Re-load, St.Anger o Lulu, nessuna parola sputata per rinnegare il passato, salvo poi tornare sui propri passi a tempo scaduto e idee azzerate. Nessuna voglia di provare a fare quello che non si è in grado di fare. Niente di tutto questo. Un esempio da seguire.
Sicuramente Bobby "Blitz" Ellsworth, un patto con il diavolo deve averlo stipulato. Sconfitto il peggiore dei mali (un cancro al setto nasale nel 1998 ed un "ictus" sopra al palco nel 2002), il cantante rimane integralmente il tratto distintivo di una band, spesso relegata dietro ai famosi "big-four" ma che sulla lunga distanza, dall'alto di una carriera trentennale senza pecche, una medaglia di bronzo ed uno scalino sul podio potrebbe meritarli. Ellsworth sta vivendo una seconda giovinezza e la sua partnership con il bassista D.D. Verni va al di là della musica. Quasi due gemelli separati alla nascita, che hanno ben chiaro in testa quale sia la loro onesta missione. I Lennon/McCartney del Thrash metal, artisticamente molto più longevi. Nessun compromesso.
The Electric Age esce a soli due anni di distanza dal precedente Ironbound(2010) che non aveva mancato di raccogliere elogi, riportando la band a livelli più che ottimali. Electric Age è un buon successore, forse un gradino sotto a livello di songwriting. Gli Overkill hanno scelto l'intransigenza e l'aggressività sonora dall'inizio alla fine delle dieci tracce, a scapito della varietà. Le canzoni, sostanzialmente, viaggiano quasi tutte ad alta velocità, riportando le nostre orecchie ai danni subiti dai loro primissimi lavori, ma soprattutto mi ricordano l'ostinazione di Horrorscope(1991), lavoro di metà carriera. Dove una volta c'era la belluina giovinezza, figlia del retaggio hardcore/punk Newyorchese, ora c'è una calcolata e micidiale maturità che fa leva su testi che mai cadono sulla banalità ma che, soprattutto in questo album, si impregnano di triste attualità.
Dall'apertura di Come And Get It, vero invito e proclama di (r)esistenza alla finale Good Night, introdotta da un arpeggio come ai vecchi tempi e figlia della vecchia E.N.D., manifesto e presa di coscenza della fine del "sogno americano" così come lo intendevano i vecchi e l'avanzare della nuova economia, l'intensità non cala mai.
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La band sembra aver trovato in Dave Linsk e Derek Tailer la coppia di chitarristi ideale, solidi e con i guizzi ficcanti negli assoli e in Ron Lipnicki il batterista da affiancare al basso mastodontico di D.D. Verni, da sempre vero propulsore e motore del sound Overkill.
Cos'altro dire?
There's a nightmare don'y you know, it's time to say good night
Good Night Kiss
Good Night
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