lunedì 13 giugno 2011

RECENSIONE: SEASICK STEVE (You can't teach an old dog new tricks)

SEASICK STEVE You can't teach an old dog new tricks (Play it again Sam, 2011)


La foto di copertina, la lunga dedica interna e il titolo del disco dicono tutto o quasi di un personaggio, perchè tale si tratta , come Seasick Steve. Il vecchio cane dallo sguardo malinconico e conquistatore si chiama TWM( per la serie: date un nome corto al vostro amico a quattro zampe), ha dodici anni ed è stato trovato in una strada nel South Wales. Steven Gene Wold, ha settant'anni e si fa chiamare Seasick Steve(pare, solo perchè soffra il mal di mare) è in pista dagli anni sessanta, ma solamente da otto anni ha iniziato ad incidere dischi. In mezzo c'è tutta una vita passata a lavorare nel retrobottega della musica come produttore e tecnico del suono ma sopratutto, a girovagare per il mondo come un solitario hobo guadagnandosi la pagnotta ai marginai delle strade, raccimolando il poco necessario.
Seasick Steve è lo sguardo penetrante di quel bastardo incrocio tra un labrador ed un collie. Due occhi che hanno visto la fame e che vogliono godersi la meritata vecchiaia con i pochi soldi che stanno entrando, grazie alla piccola fama che si sta guadagnando in questi ultimi anni e che non hanno, certamente, cambiato la sua visione di vita. Le canzoni parlano per lui.
Che stia suonando nell'angolo adibito a "pisciatoio" di una metropolitana o ospite di una trasmissione televisiva del sabato sera, il buon vecchio Steve, sfoggia con orgoglio la sua collezione di vecchie chitarre, costruite e riadattate da lui stesso, tanto che ognuna di loro merita una foto personale nel libretto del disco. E' un suo vanto personale.
Un vecchio zio dalle mille storie da raccontare che suona come un punk rocker immerso nelle acque del Mississipi. "Non puoi insegnare nuovi trucchi ad un vecchio cane", accettatemi così come sono, ne ho già viste troppe in vita che nulla più mi sorprende . Come non accettare e prendere in simpatia un tizio settantenne con un cappello verde recante la scritta dei trattori John Deere in testa, lunga barba bianca, camicia di flanella e tatuaggi.
Canzoni che ammagliano come l'iniziale Treasures,un sospiro, voce bassa(alla Mark Lanegan, tanto per intenderci), chitarra, banjo e violino suonato da Georgina Leach o che ti stordiscono come la torrenziale titletrack, un blues grezzo, senza fronzoli, chitarra, basso e batteria. Quando poi un certo John Paul Jones( Led Zeppelin) decide di prestare il suo servizio in 3 canzoni, suonando basso e mandolino, il nome d'arte del vecchio Steve, avrà ancor più possibilità di uscire dalla Norvegia, paese dove ha scelto di fermarsi in questo ultimo decennio.
Blues elettrico e scarno fino all'osso quello proposto da Seasick Steve. Burnin'up è un mantra blues per sola chitarra e batteria da far invidia ai the Black Keys, mentre I don't know why she love me but she do suonata con la stupenda cigar box guitar ti fa tenere il tempo fino alla fine.

La scassatissima e vissuta chitarra a tre corde Trance Wonder( eh sì, ogni chitarra ha il suo nome) guida un blues quasi zeppeliniano con il basso di John Paul Jones e la batteria del fedele amico Dan Magnusson pronti a seguirlo.
L'altra faccia del disco, sono le canzoni in solitaria come Underneath a blue and cloudless sky, voce arruginita e banjo per un folk dove l'amore vince sulla miseria e la vecchiaia che avanza o come in What a way to go amara quanto sarcastica canzone su una vita di un qualsiasi comune mortale passata a lavorare, non certo la sua.
Whiskey e bevute le protagoniste di Whiskey ballad, lieve e leggera apoteosi al liquore, scritta e suonata con uno dei figli( tutti aiutano papà in questo disco) e Party.
Che per il buon Seasick Steve, la vita vada vissuta fino alla fine è quasi un credo ribadito e cantato nella nervosa Days gone mentre nella finale e corale Long Long way, ringrazia tutti coloro che ascoltano la sua musica con una ballad che ricorda tanto l'ultimo Johnny Cash.
Se vi piaciono i perdenti, se avete ascoltato almeno una volta il povero e compianto Calvin Russell, date una chanche ad un settantenne, pieno di voglia di vivere, ricordatevi solo del suo nome d'arte e di non farlo mai salire in barca con voi per una battuta di pesca, Steve apprezzerà fino ad un certo punto.

vedi anche RECENSIONE: DAVE ARCARI-Nobody's Fool (2012)




vedi anche RECENSIONE: SEASICK STEVE-Hubcap Music (2013)



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