venerdì 15 giugno 2012

RECENSIONE: XAVIER RUDD ( Spirit Bird )

XAVIER RUDD  Spirit Bird ( Side One Dummy, 2012)  )

Xavier Rudd vide il suo primo concerto a dieci anni d'età. Fu Paul Simon durante il tour del meraviglioso Graceland. Rimase folgorato. Non vi è dubbio che il piccolo cantautore di New York fu più che un faro guida per l'inizio della sua carriera. L'australiano ha però avuto un grande vantaggio/fortuna: quello di vivere la musica etnica e la natura incontaminata da un posto privilegiato rispetto a chi è costretto ad andare a cercare il tutto fuori da casa propria ( agli americani Jack Johnson e Ben Harper -grandi amici e appasionati di surf come lui- a cui spesso è associato, manca questo retroterra sociale/culturale). Cresciuto tra la sabbia delle spiaggie del Torquay (angolo suggestivo per tutti i surfisti), ma anche tra gli alberi delle foreste e a strettissimo contattto con le popolazione aborigene d'Australia di cui è estremo difensore (lui nato da padre aborigeno e mamma europea) che ne hanno segnato fortemente la scrittura, sviluppando oltre ad un fortissimo legame con la natura (salutista e vegetariano), anche un grande amore per i tantissimi ed inusuali strumenti tradizionali. Bellissimo vederlo all'opera da solo durante i suoi live-set circondato e sovrastato dagli strumenti.(Sarà in Italia a Luglio 2012, il 20 a Milano-RECENSIONE CARROPONTE-, 21 a Roma).
Spirit Bird è il settimo disco ed esce a due anni di distanza da Koonyum Sun. Se il precedente era un disco di "squadra" insieme alla spaventosa sezione ritmica sud africana degli Izintaba, questo esplora l'anima più intimistica, profonda del cantautore australiano che sembra prevalere in gran parte delle canzoni: Comfortable in My Skin (dove accenna all'intervento subito alla schiena e alla ritrovata normalità), Follow the Sun, Paper Thin, Mystery Angel e la finale Creating a Dream(con lo splendido falsetto) sono folk-song acustiche, spesso guidate dall'armonica, dalla chitarra e poco altro. Un passo verso il folk americano che mantiene però le gambe in terra australiana, grazie al largo uso di cori aborigeni e a tutti quei rumori e suoni di natura presenti lungo tutta la durata del disco, in particolar modo il canto degli uccelli.
Intorno ai dieci intensi minuti di Full Circle con i suoi numerosi cambi di ritmo e vasto campionario del range musicale di Rudd, ruotano il bel blues elettrico di Bow Down, il crescendo della title track Spirit Bird (con l'attacco ai governi, ladri di "sangue e terra"), la percussiva tribalità di Butterfly e tre momenti quasi esclusivamente strumentali ( Lioness Eye, Culture Bleeding e 3 Roads) in cui Xavier Rudd, sapientemente riesce ad unire suoni moderni con il suono del suo amato Yidakis (didgeridoos), cori della tradizione aborigena fino ad arrivare alla trascinante coda di 3 Roads, una sorta di trance da techno-rave aborigeno.
Cuore sempre aperto ( "Imagine if the heart could shed its skin" canta in Creating a Dream), verso la natura, i suoi abitanti meno fortunati, le tradizioni. Tutte cose innate in lui e non acquisite o ricercate. Xavier Rudd vive in simbiosi totale con il ciclo della natura e cerca di trasportare tutto nella sua musica.
La più semplice e fresca brezza di questa estate. Se proprio non potete calpestare le spiaggie di Torquay e cavalcare le onde dell'oceano indiano, questo disco, come tutti i precedenti, vi daranno una mano a sognare (e meditare).
vedi anche RECENSIONE/REPORTAGE live: XAVIER RUDD, Carroponte, Sesto San Giovanni(MI)20 Luglio 2012







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