mercoledì 23 giugno 2010

RECENSIONE: VICTOR DEME(Deli)... se questa deve essere l'estate dell'Africa , che lo sia anche in musica...e non sto parlando delle noiose vuvuzele...



...ma di un artista che ha scelto il basso profilo della terra africana pur potendo permettersi molto di più...

VICTOR DEME- Delì (Chapa blues records, 2010)

Immerso nei migliaia di cd, stordito da chitarre, batterie, effetti elettronici, urla e lamenti, a volte la canzone giusta per riportare la musica alla sua primaria importanza sembra arrivare quasi per caso. E' così è nato l'amore per questo simpatico personaggio che guarda caso rilascia in questi giorni la sua seconda prova di studio. Scontata la mia corsa a comprare il disco e a informarmi sulla storia di questo ometto africano, cinquantenne con pochi denti ma tanta tanta genuinità musicale da dare.

Scopro così la sua storia, di musicista nel Burkina Faso che ha suonato per trent'anni nel suo paese, lontano dai grandi riflettori, per vedersi catapultato a 47 anni suonati su un aereo e volare per la prima volta in vita sua verso Parigi per il suo primo concerto europeo. E' l'inizio di un piccolo successo in Francia, che lo porta ad incidere il suo primo album, premiatissimo e vendutissimo oltr'alpe. Ora tutti lo vogliono e tutti lo cercano. Deme vede tanti soldi che mai aveva visto, con grande generosità e umiltà li impiega per opere di bene nella sua povera terra. Al momento di registrare questa seconda opera, gli vengono proposti sontuosi studi di registrazione a Parigi e Londra e lui ancora con grande attaccamento alle proprie radici, decide di registrarlo a casa sua, tra la sua gente e la sua famiglia. In un mondo dove si farebbero follie per il famoso "calcio in culo che conta", una piccola dimostrazione di umiltà e coerenza è sempre eclatante ma positiva e d'esempio.

Victor Deme sa scrivere canzoni e sa in modo straordinario unire il folk blues americano con la musica Mandinga. Le sue canzoni sanno toccare la corda dell'emotività, sanno essere tristi ma cariche di speranza e gioia di vivere che forse il mondo occidentale ha perso da tanto, troppo tempo. Crescere i propri figli e Deme ne ha sei, secondo il rispetto e le tradizioni del proprio popolo è ancora un valore che viene cantato in "Mèka Dèen". In "Sèrè Jugu" il Delta blues americano sposa alla perfezione i suoni africani così come in Kèeba Sekouma, canzone dedicata all'"uomo moderno". Incredibili accenni western in stile Morricone, amatissimo da Deme, in "Mais où sont les dollars" e "Maa Gaafora" e tromboni e saxofoni in "Ma Belle", il disco è una fioritura di suoni, mai troppo invasivi, che sanno accompagnare il cantato del bravo Victor. "Sina" è un piccolo gioiello, impreziosito da un bellissimo violino gitano che tanto mi ricorda il Bob Dylan di Desire. Accompagnato da musicisti africani con i loro strumenti tradizionali, quest'opera sa cullare l'ascoltatore catapultandolo in mezzo a strade polverose, circondate da vegetazione e case di mattoni e fango, dove Victor Deme quando non è in giro per il mondo a suonare, ama tornare con la speranza di dare dignità alla vita della sua famiglia. Raro esempio di come si possa, dopo anni di sacrifici, raggiungere il successo e i soldi, usando esso per migliorare la propria vita e non rovinarla.

Rimani sempre così Victor, tu che ci riesci e puoi.

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