domenica 9 maggio 2021

RECENSIONE: TONY JOE WHITE (Smoke From The Chimney)

 

TONY JOE WHITE  Smoke From The Chimney (Easy Eye Sound, 2021)



una voce da lontano

Io a Tony Joe White voglio un gran bene a prescindere: la sua voce potrebbe cantare qualsiasi cosa e sarei incantato davanti alla sua magnetica sagoma intagliata a suon di swamp rock. E anche oggi che  White non c'è più da tre anni, la sua musica emana la stessa magia di sempre, dove i fantasmi delle paludi della sua Lousiana si risvegliano e sembrano imbracciare gli strumenti e suonare l'ultimo dei valzer in terra. Poco prima di morire il 24 Ottobre del 2018, aveva fatto uscire un disco intimo e tenebroso che sembrava un temporale minaccioso e incombente sulla sua esistenza. Si chiuse nel fienile della sua casa con una Stratocaster, pochi amici e suonò il suo ultimo blues. Fu un disco quasi premonitore, ridotto all'osso, arricchito solamente da sussurri e battiti di piede sulle assi del pavimento a fare ancor più spavento. Così diverso da questo, frutto di alchimie (ma nemmeno troppe) da studio di registrazione, ma assolutamente credibile e lo dico subito: riuscito, nonostante operazioni come queste siano sempre un alto rischio per chi le mette in pratica e altissimo per la reputazione di chi non c'è più e non può nemmeno prendere provvedimenti se non le distanze. Tutto è in mano al buon gusto degli eredi. 

Ecco però spuntare quel prezzemolo di Dan Auerbach. Questa volta al buon Auerbach riesce pure di resuscitare i cari estinti: trasforma nove demo voce e chitarra, registrati da Tony Joe White durante gli ultimi quindici anni della sua esistenza (proprio come l'ultimo disco)  in nove canzoni finite (bene), e complete. L'idea di lavorare con uno dei padri dello swamp rock  risale a parecchi anni prima, quando i due si incontrarono ad un festival in Australia nel 2009 ma solo ora, grazie al l'intermediazione del figlio Jody White (ecco l'erede), è diventata reale e concreta. Meglio tardi che mai? Come al solito Auerbach ci mette i musicisti di Nashville, tra cui Billy Sanford alla chitarra, Paul Franklin alla pedal steel e Bobby Wood (Elvis Presley) al piano, in più un grande Marcus King alla chitarra elettrica a sostenere il groove di una circolare  'Bubba Jones', naturalmente l' etichetta Easy Eye Sound, la sua chitarra e la passione di sempre. 

"Non è stato usato nessun computer" sottolinea Auerbach. La band ha suonato in presa diretta seguendo le tracce grezze lasciate da White.

Del primo singolo uscito, la cavalcata acida a lento trotto 'Boot Money' Auerbach dice anche: "una specie di serpente che striscia fuori dalla palude". E nel video cartoon i due sono disegnati insieme in un ipotetico studio di registrazione, ciò che Auerbach sognava potesse concretizzarsi prima o poi. Per una 'Del Rio You're Making Me Cry' che accarezza l'anima a passo di flamenco sollevando polvere texana, una  'Over You' che segue a ruota dando l' imprinting al disco (pigrizia e distensione sono la regola), l'ariosa 'Listen To Your Song' con il suo assolo di chitarra finale, c'è il tenebroso blues di 'Scary Stories', la magniloquenza orchestrale di 'Someone Is Crying', la ballata ' Billy' a chiudere. In mezzo alle canzoni, immagini fumose di uomini che stanno in piedi nonostante tutto e una notte perenne con la luce della luna a fare da unica via di fuga. 

Operazioni delicate e sempre un po' discutibili queste, ma il risultato che si può ascoltare fin dalla prima canzone in scaletta, l'amabile country soul 'Smoke From The Chimney', non è affatto male. È tutta una questione di buon gusto e qui è stato usato con rispettosa devozione. Non conterà molto ma per me è un sì.







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