mercoledì 19 agosto 2020

RECENSIONE: MO PITNEY (Ain't Lookin' Back)

MO PITNEY
   Ain't Lookin' Back (Curb Records, 2020) 




sempre avanti

"Non guardare indietro" canta Mo Pitney, giovane cantautore dell'Illinois di casa a Nashville, classe 1993, nella title track del suo secondo disco in carriera. 
 "È una canzone sul lasciar andare il passato e trovare la capacità di guardare a un futuro luminoso attraverso la ricerca del perdono e della redenzione" dice in una intervista. 
E allora guardiamolo in faccia questo futuro. Pitney lo affronta con un disco motivazionale dove libertà, positività e redenzione ( la sua fede cristiana esce prepotente) incrociano sovente le loro strade. Il suo è un country folk, pulito e moderno ma che sa guardare al passato con rispetto e devozione, con alcuni buoni graffi elettrici. Gli ospiti presenti sono il sigillo sul suo futuro. Un disco che parte e si chiude in modo malinconico però: con 'A Music Man', riflessione folk autoconfessionale sulla musica (sembra che la sua chitarra sia una missione divina) dove spicca la presenza di Jamey Johnson e si chiude con il cupo folk con aperture gospel 'Jonas' che mette in mostra la sua visione cristiana sul mondo attraverso gli occhi di di chi affondò i chiodi sulla carne di Gesù. In mezzo ci sono belle sorprese come il bluegrass 'Old Home Place' che vede l'intervento di una fantomatica His All Star Band tra cui spiccano il mitico Marty Stuart e Ricky Skaggs, oppure il southern rock di 'Ain' t Bad For A Good Ol' Boy', il RnB di 'Local Honey', la più ammiccante e pop 'Boy Gets The Girl', la bella 'Old Stuff Better' country folk disteso su lap steel e armonica dove confessa di "essere nato vecchio". Gli si crede. Mo Pitney ha una bella penna che se lasciasse giù solo un poco di sbavatura in più sarebbe quasi perfetto. 
Certo: bisogna essere di larghe vedute e accettare la sua fede e la sua visione sul mondo.



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