mercoledì 13 maggio 2020

RECENSIONE: JASON ISBELL And The 400 UNIT (Reunions)

JASON ISBELL And The 400 UNIT  Reunions (Southeastern records, 2020)




"se avessi vissuto negli anni Settanta...sarei già morto" 

Quando sette anni fa uscì Southeastern, il primo disco a suo nome senza i 400 Unit, ascoltandolo veniva spontaneo inserirlo nella categoria dei dischi di autoanalisi. Mi venne in mente una sorta di nudità dell'anima esposta senza vergogna nello stendino, a guarire sotto il caldo sole del sud ma ben in mostra, finalmente visibile a tutti. Dentro al cestello della lavatrice deve aver dimenticato dei pezzi perché con questo Reunions tira fuori ancora qualcosa di quel suo passato di cicatrici, sbagli, debolezze, arrivando a dichiarare che queste dieci canzoni le avrebbe volute scrivere quindici anni fa. Ecco cos'è quel Reunions del titolo: "una reunion con il mio io di allora".
E quel complimento di David Crosby che campeggia su tutti i siti e che recita più o meno come " Isbell è tra i migliori songwriter di questi tempi" aggiungendo "e la mia idea di songwriter davvero bravi è Paul Simon, Joni Mitchell, Bob Dylan. Il suo canto è emotivo. È onesto sta davvero cercando di raccontarti la storia" sa di importante sottolineatura di qualcosa che però abbiamo potuto toccare tutti con mano in questi anni. I suoi sono sempre buoni dischi. 
Se le liriche sono tanto profonde, intimiste, a tratti pure incisive, ironiche e ammonitrici, la musica sembra sempre volare leggera sopra al miglior canzoniere di Americana depositato nel tempo. 
I toni quasi soul di 'What' Ve I Done To Help' che apre il disco proprio con David Crosby ospite ai cori, le grandi distese verdi di vecchi ricordi estivi messi in fila come birilli in 'Dreamsicle', il folk di 'St. Peter' s Autograph', le chitarre ariose che circondano 'Overseas' (quando un amore è diviso da un oceano), la west coast gentile e soffusa che pare appartenere proprio alla penna del miglior Crosby targato seventies che affiora a galla in 'Running With Our Eyes Closed', la ballata pianoforte e violino di 'River', i tocchi più elettrici ma decisamente melodici e pop di 'Be Afraid' (j'accuse sull'apatia politica dei suoi coetanei amici musicisti) e 'It Get Easier' (canzone sulle passate e risolte dipendenze) che non nascondono un pezzo importante del suo passato con i Drive-By Truckers.
Un disco suonato e registrato bene insieme alla sua band: Sadler Vaden ex Drivin' N Cryin alle chitarre, Jim Hart al basso, Derry Deborja, ex Son Volt alle tastiere, Chad Gamble alla batteria, la moglie Amanda Shires al violino, gli interventi dell'altro ospite Jay Buchanan, talentuoso cantante dei Rival Sons e la produzione dell'ormai inseparabile Dave Cobb di casa ai RCA Studios di Nashville. Sono state delle sedute di registrazione difficili, minuziose: le cronache dallo studio raccontano anche di litigi tra Isbell e la moglie. Ma i risultati alla fine sono questi.
"Se avessi vissuto negli anni settanta, probabilmente sarei stata una stella molto più grande e avrei avuto molti più soldi. E sarei morto" ha raccontato recentemente a Rolling Stone.
Chissà quanto bucato c'è ancora dentro a quella lavatrice?










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