Tuffo in mare per i canadesi Black Mountain. Dalle accecanti visioni delle rosse terre desertiche alle alte onde dell'oceano.
Year Zero è un film di nicchia diretto da Joe G.che racconta le gesta di un manipolo di sopravvissuti ad una sorta di disastro apocalittico. Rifugiatosi in un isola delle meraviglie incastrata in mezzo ai detriti rimasti di quello che fu il mondo prima della catastrofe, il surf diventa lo sport che li riporta ad un contatto primordiale con la natura, dove la libertà diventa la parola d'ordine numero uno. Girato per il mondo con una telecamera con pellicola Super 16 mm, promette scene di altissimo spettacolo sportivo, riprese splendide e vivide, e l' interpretazionne da parte di alcuni dei migliori campioni di questo sport ( i fratelli Damien e C.J. Hobgood, Dion Agius, Nate Taylor...), incontrando subito l'approvazione della comunità dei surfisti.
Ai Black Mountain è stata affidata la colonna sonora. Il gruppo che sta godendo un momento di grande successo, confermato dall'ultimo Wilderness Heart(2010), ha pensato di raccogliere quattro vecchie canzoni già apparse sui precedenti tre dischi ed affiancare loro cinque nuove composizioni, scritte appositamente per la pellicola. Nulla di assolutamente nuovo, quindi, ma qualche interessante novità colora le nuove canzoni, indicando nuove possibili strade, confermando quanto la musica dei canadesi guidati da Stephen McBean, sia assolutamente aperta e senza confini. La natura del film aiuta e sposa la fervida fantasia del gruppo di Vancouver.
Gli scenari della pellicola, che alla fine cercano di porre lo sguardo e l'attenzione su temi ambientalistici, sono manna dal cielo per lo psych/rock dei Black Mountain che ci si tuffano-è il caso di dirlo- senza indugi. Ne escono 50 minuti di viaggio per mente e corpo che, per chi conosce già il gruppo, non costituiranno una grande novità.
La lunga ed ipnotica Bright Lights, qui accorciata di qualche minuto, contenuta in The Future(2008) , insieme ai cambi umorali della bella Tyrants, in bilico tra acustiche e stordenti parti di quiete ed esplosioni elettriche hard; Wilderness Heart, title track del loro ultimo album, pesante cavalcata in odor di Sabbath, puntellata dall'hammond e guidata dalla voce di Amber Webber; e le improvvisazioni free in stile Frank Zappa/Captain Beefheart di Modern Music, con il sax che impazza, provenienti dal primo album del gruppo, rappresentano il lato già conosciuto della colonna sonora.
Se il nuovo ed inedito singolo Mary Lou e la conclusiva e distorta Breathe sono la conferma di quanto fatto fino ad ora, le altre tre nuove composizioni si immergono dentro alla silenziosità ovattata delle onde che travolgono: la liquidità dell'iniziale ed inquieta Phosphorescent Waves, avvolta dentro a fluide trame guidate dai Synth e Moog che riportano al kraut rock con la splendida prova vocale di Amber Webber che, invece, nella corta Embrace Euphoria-pura canzone di collegamento che troverà certamente il suo habitat naturale nella pellicola-, si fa recitativa, così come in Sequence, vera sorpresa del disco che viaggia alla riscoperta delle prime note elettroniche provenienti dai '70, immergendosi in visioni atmosferiche ed ambientali.
Sicuramente si poteva fare qualcosa in più per giustificare l'acquisto di un disco che presenta quattro canzoni già edite e conosciute. Questa rimane, comunque, una colonna sonora e come tale va presa e digerita. Rimane, invece, la concreta affermazione di un gruppo che pescando dal passato ha creato un proprio suono, sempre in movimento, personale ed imprevedibile.
Le tracce inedite creano gran contrasto con le vecchie composizioni, innescando curiosità su quanto potranno influire sulle prossime mosse del gruppo.