sabato 4 marzo 2023

RECENSIONE: MYRON ELKINS (Factories, Farms & Amphetamines)

 

MYRON ELKINS  Factories, Farms & Amphetamines (Elektra, 2023)



il giovane vecchio

"Sono inciampato nei posti giusti al momento giusto e ho stretto le mani giuste" sembra ben consapevole della grande fortuna che ha avuto il ventiduenne Myron Elkins. Dal lavoro di meccanico saldatore nella contea di Allegan nel Michigan ai palchi di Nashville il passo è stato più breve del previsto. Anche se non mancano determinazione e faccia tosta che oggi gli permettono di cantare al mondo il suo universo bluecollar popolato da chi è nato dalla parte sbagliata del fiume.

Le tappe di questo novello Forrest Gump della musica, come ama definirsi lui, sono ben scandite: la sua grande passione dopo il lavoro è la musica (molte canzoni sono state pensate con un saldatore tra le mani) e alcuni amici lo iscrivono a una un concorso per band. Lui raccatta su un gruppo, vince la manifestazione e viene notato da Dave Cobb che se lo porta nel  RCA Studio A di Nashville, gli fa incidere le sue canzoni che oggi grazie a una etichetta come la Elektra escono sotto il titolo Factories, Farms & Anphetamines che sembra ben racchiudere tutto il suo micro mondo. Partito dal grande amore per la country music (Johnny Cash, Waylon Jennings ma anche Sturgill Simpson e Chis Stapleton tra i suoi primi modelli) Myron Elkins si apre musicalmente verso tante altre strade che per ora, pur piacevoli, confondono un po' le idee: derivativo ma con un futuro davanti tutto da scrivere. A suo favore l'età e la voglia di raccontare le sue storie nate dal basso e a chilometro zero. 

Ma poi si scopre che è proprio la varietà a far scorrere il disco così bene. Un disco decisamente elettrico con chitarre sempre in primo piano (oltre a Elkins ecco Caleb Stampfler e Avry Whitaker): fin dall'apertura 'Sugartooth', numero "born on the bayou" che richiama John Fogerty e i CCR, dalla title track, southern rock che ricorda i Lynyrd Skynyrd, il blues di 'Mr. Breadwinner', l'honky tonk country di 'Wrong Side Of The River', una 'Nashville Money' che sa di catrame e asfalto.

E poi ancora il funky di  'Hands To Myself' e quello più "danzereccio" di 'Machine' fino al country arioso della finale 'Good Time Girl'.

Myfon Elkins merita senza dubbio un ascolto in attesa di una seconda prova che potrebbe già svelare le sue reali intenzioni future.







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