
"Dio aiuti Springsteen nel giorno in cui qualcuno deciderà che non è più lui il dio del rock'n'roll. Non l'ho mai visto suonare non sono uno spettatore che segue le mode ma ho sentito dire un gran bene di lui. Oggi che parla di fughe, di automobili e di corse dietro alle ragazze ha tutti i fan ai suoi piedi. E' ciò che vogliono da lui adesso. Ma quando si ritroverà più vecchio a fronteggiare il suo successo, sarà più dura." John Lennon
John Lennon per una volta fu cattivo profeta e per un paio di anni, suo malgrado, si perse Nebraska, il disco da cui Springsteen iniziò a prendersi in mano il futuro sociale del suo paese, raccontando le ferite della sua America dentro alle storie disperate dei suoi uomini qualunque. Ma all'ex Beatles questo possiamo perdonarlo. In più, per ora, nessuno si è accollato il gravoso compito di decidere se Springsteen è o non è più il dio del rock'n'roll. Il sold out annunciato delle prossime tappe del tour italiano, però, parlano chiaro.
Le probabilità di rimanere soddisfatti al cento per cento di un disco di Springsteen da qui agli ultimi vent'anni è un po' come chiedere ad un fan dello stesso quale sia il proprio disco preferito e sentirsi rispondere con il titolo di un album post 1984. Può succedere ma raramente: troppe aspettative, troppi proclami e sinceramente, troppi dischi inarrivabili nei suoi primi venti anni di carriera. Forse solamente The Rising e We Shall Overcome -The Seeger Sessions potrebbero rientrare in graduatoria. Proprio da questi due ultimi dischi sembra ripartire Wrecking Ball. Dal primo riprende l'uniformità delle liriche a tema e, purtroppo, certi suoni artefatti e fastidiosi; dal secondo l'idea di quel irish/folk combattente, corale ed impegnato che già aveva sperimentato di suo pugno con la composizione di American Land (...guarda caso, presente nella deluxe edition di Wrecking Ball, insieme alla bella ed oscura Swallowed Up (In the Belly of the Whale)), tanto da diventare la sigla di chiusura degli ultimi tour. Io, un disco completo e autografo sulla scia delle Seeger Sessions prima o poi me lo sarei aspettato. Ma dovrò ancora attendere, perchè Wrecking Ball, aveva tutti i numeri per esserlo, ma lo è a metà.
Musicalmente vuole essere troppe cose, senza esserne nemmeno una. Prendiamo una canzone a caso: l'evangelica Rocky Ground. Parte con dei loop elettronici a metronomo (dal successo di Streets Of Philadelphia, Springsteen li inserisce spesso e volentieri e non si sa bene il perchè) e finisce come una canzone Hip Hop con l'aggiunta di un coro black e gospel (molto presenti su tutto il disco) che francamente delude e poco convince nell'insieme. Perchè rovinare Easy Money, This Depression, l'irish march della bella Death To My Hometown con quella percussioni pompate che già davano fastidio e sembravano superate ai tempi di Born In The USA?La E Street Band svolge un ruolo molto marginale, superata dagli strumentisti della Seeger Sessions Band(violini e strumenti a fiato in gran quantità). Il muro di suono abbattutto dalla palla distruttrice. Le chitarre elettriche sono poche e quando si sentono sono quelle dell'ospite Tom Morello nel finale di Jack Of All Trades ed in This Depression, però, pure loro svolgono un compito assai modesto, tanto da distinguersi con difficoltà, così lontane dai caratteristici e funanbolici effetti a cui Morello ci ha abituato fin dai suoi esordi con i Lock Up per non parlare dei suoi seguenti e più fortunati gruppi dove il suo stile diventerà un marchio di fabbrica.
Tanti fiati a sopperire l'assenza di big Clarence: da quelle trombe nella finale We are Live che ricordano tanto la Ring Of Fire di Cash, a quelle della title track o della splendida Jack Of All trades, ballata in crescendo vecchio stampo e tra le cose migliori insieme a You've Got It.
Il primo singolo We Take Care Of Our Own svolge il compito che svolsero singoli come Human Touch o Radio Nowhere, senza infamia e senza lode, canzoni totalmente spiazzanti che nulla hanno a che fare con il resto del disco.
Insomma sì, Rick Rubin, io ci aggiungo Ry Cooder, avrebbero reso questo disco un capolavoro. Lo dicono tutti. Lo dico anch'io. Con buona pace delle idee innovative(?) del produttore Ron Aniello. Per chi voglia approfondire le tematiche: la bella recensione del maestro Paolo Vites.Se musicalmente mi ha parzialmente deluso, i testi sono quanto di più coeso, duro ed ispirato scritto da Springsteen dai tempi di The Rising, creando un' asincronia tra musica e testi che dopo aver visto, recentemente, Bruce cantare sul palco e su disco in compagnia di gruppi rock come Gaslight Anthem e Dropkick Murphys, non mi aspettavo. Dai roboanti proclami mi attendevo un disco tagliente e spigoloso, anche strumentalmente.
Momentaneamente abbandonato l'impegno e il lavoro per costruire il grande sogno che animava il precedente Working for a Dream -forse non si è avuto nemmeno il tempo necessario per iniziarlo quel lavoro- che la nuova scure della recessione è piombata tagliando il mondo in due.
Come fatto da Ry Cooder (ancora lui) con il suo recente e bellissimo Pull Up Some Dust and Sit Down ( disco splendido e perfetto) e dallo stesso Tom Morello in World Wide Rebel Songs, anche il grande cuore di Springsteen non poteva sottrarsi e nascondersi nel nulla. Bisogna darne atto. Ecco quindi che il motto "distruggere per ricostruire" diventa anima e modus operandi del disco. Il giovane degli anni settanta che si alzava ogni mattina per l'ennesima e noiosa giornata lavorativa, quello che passava il tempo libero gareggiando in automobile giù in città e trovava anche il tempo per sognare la terra promessa, ora impugna una pistola Smith & Wesson 38 e si aggira per le vie in cerca di soldi facili (Easy Money), perchè ora si muore anche senza essere colpiti da bombe, fucili e cannoni, ma standosene comodamente stesi sul divano di casa nella propria città (Death to my Hometown).

Se scappi alla morte, in qualche modo ti viene a cercare nella maniera più subdola e meno dignitosa. Quella vecchia ragione per vivere che si trovava al calar del sole, dov'è finita? Affogata nella depressione economica ma con ancora un appiglio nel cuore e nell'amore che esce da You've Got It, con quel mood desertico che riporta al disco più sottovalutato di Springsteen, Lucky Town (che errore, all'epoca, farlo uscire insieme a Human Touch).
Poi, ci sono le già conosciute Wrecking Ball, rivestita di Irish folk e Land of Hope and Dreams, messa lì per ricordare il fratellone Clemons che ci regala il suo ultimo assolo terreno.
Meglio del suo predecessore Working on a Dream ma con il rimpianto del capolavoro mancato.
Ora sarà interessante vederlo riproposto dal vivo e visto la composizione della nuova band che lo accompagnerà nel prossimo tour insieme alla fida E Street Band, canzoni come Shackled and Drawn, Easy Money e Death to My Hometown potrebbero diventare travolgenti. Come sempre si ritorna ai live e lì il dio del rock'n'roll è sempre lui. Con buona pace del povero Lennon.


RECENSIONE/REPORT live: BRUCE SPRINGSTEEN live-Stadio Euganeo, Padova 31 Maggio 2013