lunedì 29 ottobre 2018

RECENSIONE: PRIMAL SCREAM (Give Out But Don’t Give Up: the Original Memphis Recordings)

 PRIMAL SCREAM  Give Out But Don’t Give Up: the Original Memphis Recordings (1993/2018)






il disco perduto. Memphis: andata e ritorno (25 anni dopo)
Hai una bella manciata di canzoni registrate negli States, agli Ardent Studios di Memphis, con il produttore Tom Dowd e la sezione ritmica dei Muscle Shoals (David Hood al basso e Roger Hawkins alla batteria) che trasudano soul, R&B, rock’n’roll e gospel da ogni solco. Cosa fai? Non vedi l’ora di farle uscire e stupire il mondo no? No. Gli scozzesi Primal Scream no. Quelle registrazioni del 1993 le lasciarono nell’umidità di qualche cassetto della vecchia credenza giù in cantina. Nove canzoni, vennero completamente riregistrate e diventarono Give Out But Don’t Give Up che tutti conosciamo, un disco che comunque si smarcava nettamente da Screamadelica, tanto da ricevere il pollice verso della critica che in quella mossa vedeva un semplice accordarsi ai suoni dei Black Crowes dell’epoca, sicuramente al top e rappresentanti più giovani della rinascita del classic rock. O se vogliamo un omaggio ai vecchi Rolling Stones e Faces. Comunque un altro passo per ribadire la vena camaleontica è inclassificabile della band. “Dovevamo uscire da Londra: se avessimo fatto un disco a Londra, New York o Los Angeles, ci sarebbero stati due, forse tre morti nella band per come stavano andando le cose". Così Bobby Gillespie spiega quella impellente necessità di cambiare aria che si impadronì della band e che li spinse alla ricerca delle radici musicali il più lontano possibile. Seguirono lo spirito di sopravvivenza. La meta fu Memphis. Venticinque anni dopo quel cassetto è stato riaperto: esce fuori, più fresco che mai, The Original Memphis Recordings che oltre alle nove canzoni aggiunge un intero disco di inediti, Jam da studio, versioni alternative e cover (‘To Love Somebody’, ‘Blue Moon Of Kentucky’).
 “Siamo andati laggiù con un buon intento, ma in qualche modo ci siamo persi in seguito. C'è sicuramente una lezione da imparare su come la creatività possa andare su una strada sbagliata. Siamo una band che continua a muoversi e non si guarda indietro, ma per anni mi sono sentito male per noi che siamo andati a Memphis e non abbiamo fatto quello che ci eravamo prefissati. Ascoltare queste canzoni dopo tutto questo tempo mi ha fatto bene. Mi sento redento " ammette Bobby Gillespie.
Uno spaccato caldo e avvolgente dell’atmosfera che si respirava da quelle parti in quei giorni: ‘Jailbird’, ‘Rocks’ e ‘Sad And Blue’ si arricchiscono di nuovi eccitanti colori. Memphis diventa la loro Parigi, queste registrazioni il loro Exile On Main Street perduto. Bobby Gillespie giustifica quella scelta scellerata (?) con un “eravamo stupidi e pazzi”. Alla storia, noi aggiungiamo solamente un: ”sì” .



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