giovedì 22 ottobre 2015

RECENSIONE: TOM JONES (Long Lost Suitcase)

TOM JONES  Long Lost Suitcase (Virgin, 2015)





Reinventarsi con coraggio in terza età, mettendo in fila i ricordi. L'amicizia con Elvis Presley a metà anni sessanta e il tentativo di avvicinamento al country da classifica di Nashville nei primi anni ottanta erano più che un buon indizio per scoprire la futura vecchiaia. Ora, gli anni sono 75 e la formula è quella già sperimentata con successo dalla coppia Cash/Rubin a suo tempo. Formula che altri vecchi hanno seguito con buoni risultati, chi da interprete chi da cantautore: da Kris Kristofferson a Neil Diamond, ma anche l'ultimissimo Robert Plant. Per Tom Jones, ecco il terzo centro su tre sulle strade roots (gospel, soul, folk, country, blues, pure il vecchio amore rock’n’roll) dopo la sorpresa dello scuro e spirituale PRAISE & BLAME (2010) che tanto sorprese la sua casa discografica che si aspettava come minimo una Sex Bomb numero due e la conferma arrivata due anni dopo, SPIRIT IN THE ROOM (2012).
Facile direte voi: con quel gruzzolo in banca e quella voce, se ti fai produrre da Ethan Johns e metti sul piatto canzoni come ‘Opportunity To Cry' (Willie Nelson), ‘Bring It On Home’ (Willie Dixon), ‘Everybody’s Loves A Train’ (Los Lobos), ‘Elvis Presley Blues’ (Gillian Welch & David Rawlings) la più modernista delle tredici tracce, ‘Factory Girl’ (Rolling Stones) riletta in chiave irish o come farebbe un Rod Stewart in grande forma, ’Why Don’t You Love Me Like You Used To Do?’ (Hank Williams). Facile ma mica tanto, dico io.
Insomma: qui c’è maggiore varietà nella scelta dei pezzi altrui da interpretare rispetto all’omogeneità che caratterizzava i precedenti due lavori, eppure funziona a meraviglia sia quando si mette a tirare come una vecchia ma ancora non arrugginita locomotiva nel blues ‘Take My Love’ (Little Willie John) e in ‘I Wish You Would’di Billy Boy Arnold, sia quando si ferma, voltando lo sguardo al passato, come nella scura ma carezzevole ‘Tomorrow Night’, dando un saggio della potenza intatta della sua voce a riconferma di quanto l’ugola del gallese abbia perso troppi anni dietro alle certamente più remunerative e patinate "bombe del sesso". Ciò basta. LONG LOST SUITCASE fa da colonna sonora all’autobiografia Over The Top And Back in uscita in questi giorni, ben rappresentata e anticipata dalla carrellata di vecchie foto presente nel booklet. L’unica domanda che sorge spontanea è sempre: perché tutto questo ben di Dio è arrivato così tardi?



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