STÖNER Stoners Rule (Heavy Psych Sounds, 2021)
un buon compito, ora fuori le palle
Bene, non benissimo. Forse benino. Non di più. Fa un caldo tropicale in questi giorni, la copertina sembra promettere la brezza dei deserti del Mojave durante il calare del sole. Macché. Quella che si percepisce durante il Live In The Mojave Desert: Vol IV uscito qualche settimana fa e che fece da presentazione a questa nuova band dal nome non proprio originale.
Metto su il CD comprato sulla fiducia: 2/4 dei vecchi KYUSS vorranno pur dire qualcosa. Lo ascolto, con gli occhi che sbirciano un campo da calcio sfocato in TV. Fuori non vola una mosca, come da tradizione estiva quando ci sono partite di calcio, il basso di Nick Oliveri fa tremare le persiane aperte, la chitarra di Brant Bjork non si inventa nulla di troppo originale dentro a giri blues pesanti e circolari ('Own Yer Blues'), la sua voce ha poche sfumature come già la conosciamo, la batteria di Ryan Gut accompagna ma non fa certo la differenza in un suono dalla produzione volutamente lo fi, monocorde e non esaltante.
Solo 'Evel Never Dies' cantata da Oliveri che si getta a capofitto sul punk affondato sulla sabbia, una 'Stand Down' bella dinamica, psichedelica e carica di feedback (la track migliore per me) e i tredici minuti della finale 'Tribe/Fly Girl' con la sua lunga coda jammata sembrano dare qualche scossa a un disco di fin troppo mestiere di un gruppo che sceglie di chiamarsi come il genere musicale suonato ma che in qualche modo hanno contribuito a inventare, trent'anni fa però. Infatti, quando 'The Older Kids', 'Nothin', e 'Rad Stays Rad' partono ti aspetti l'entrata fumosa dei fuoriclasse che non arriva quasi mai.
Un disco carico di aspettative che manca però di quel dinamismo, quel tocco groove, dei riff e di fantasia che solo un Josh Homme o un John Garcia dei vecchi tempi (ma anche di oggi) potevano regalare.
Quest'anno Blues For The Red Sun compie esattamente 29 anni. L'ho ascoltato subito dopo. Voi non fatelo se volete godervi un po' questo disco.
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