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giovedì 1 settembre 2022

RECENSIONE: MARCUS KING (Young Blood)

MARCUS KING  Young Blood (American Records, 2022)


the king of rock and roll

Molto probabilmente se Marcus King  avesse vissuto i suoi 25 anni nel pieno degli anni settanta, avrebbe cavalcato con estrema difficoltà quella linea che separa la notorietà  dal precipizio più marcio e buio. Troppe le tentazioni, troppi sarebbero stati i  compagni di viaggio nella stessa situazione che lo avrebbero accolto con simpatia nel club della disperazione. Benvenuto tra noi. Fortunatamente gli anni settanta sono lontanissimi, anche se musicalmente non sono mai stati così vicini come oggi. 

E visto che King a 26 anni è un giovane "nato vecchio" catapultato fortunatamente nel 2022, le sue ancore di salvezza hanno dei nomi, a volte pure dei cognomi: la musica stessa, i Free, Dan Auerbach e l'attuale fidanzata ("mi ha tirato fuori da un posto davvero oscuro").

Sì perché proprio dopo una rottura amorosa iniziò un breve calvario segnato da depressione e dalle dipendenze e a un certo punto a forza di ascoltare i Free (pare gli piovessero addosso da ogni parte) si era quasi immedesimato nel povero Paul Kossof tanto da non riuscire più a vedere una via di uscita. Una strada senza scampo.

"Stavo davvero esagerando in tutti gli aspetti. Quindi è stato un bene per quanto riguarda la creatività...Davvero non pensavo che sarei stato in giro abbastanza a lungo per fare un altro disco".

Dopo El Dorado, primo disco solista prodotto da Dan Auerbach che lo vedeva allontanarsi dal classico stile da jam band della Marcus King Band per avvicinarsi maggiormente alle ballate country e soul, questa volta Marcus King incide il suo disco rock definitivo dove mette in fila tutto il suo smisurato amore per Jimi Hendrix, gli ZZ Top, i Free (di rimando i Bad Company), i Cream, i CCR,  i Black Sabbath, i Grand Funk Railroad, la Steve Miller Band, i Gov't Mule ma anche i Badlands periodo Voodoo Highway di Jake E. Lee, chissà.

Dove le chitarre (la sua Le Paul del 59) sono protagoniste dall'inizio alla fine: riff torrenziali (ascoltate la quasi sabbathiana 'Aim High'), assoli e fuzz abbondano, strabordano a volte, mettendo a frutto tutto il tempo in cui ha tenuto in mano una chitarra da quando aveva solo tre anni giù nella sua Carolina del Sud.

Dentro alle canzoni lascia tanto di se. Dalle relazioni finite (l'impetuosa 'It's Too Late') traboccanti di bugie ("sono il fuoco piccola, sai di essere la mia benzina" canta nella incalzante 'Lie, Lie, Lie'),  alle perdite importanti (la paludosa 'Blues Worse Than I Ever Had' che termina il disco). Chiede aiuto, la mano di qualcuno che lo tiri fuori dall'abisso dentro il quale era finito dove l'alcol ("Coca e Whisky") era divenuto l'amico più fidato (lo swamp alla John Fogerty 'Rescue Me'), e le nuvole nere che incombevano minacciose erano un sipario calato davanti al futuro ('Dark Cloud'). Le maschere per nascondere il tutto erano all'ordine del giorno (nel blues contagioso alla Free 'Pain') " ora sono solo una banconota da un dollaro arrotolata...Se vai e mi lasci, allora ho finito" canta . Ma fortunatamente canta anche di rinascita in 'Hard Working Man', dove l'amore sembra trionfare.

Questo disco è una seduta psicoanalitica, sincera, profonda, amara, ma anche carica di speranza. Entusiasmante per come suona, per come è cantata. Il sentimento davanti a tutto.

Accompagnato dal batterista Chris St. Hilaire, il bassista Nick Movshon e il secondo chitarrista Andy Gabbard che assecondano senza troppi fronzoli intorno. Rock blues della miglior specie, hard, ruvido, diretto ma anche melodico e ipnotico.

Marcus King si mette a nudo costruendo intorno a dei testi duri e crudi (nella sinuosa 'Blood On The Tracks' -non un titolo a caso credo- ad aiutarlo c'è pure una vecchia volpe come Desmond Child) un impianto rock muscoloso che sa di antico, di assi di palco, di amplificatori, di live music. Di anni settanta sicuramente. 

Marcus King è uno dei più grandi talenti usciti negli ultimi anni dagli States e questo disco una delle più belle uscite dell'anno in ambito...chiamiamolo semplicemente rock'n'roll? Oggi, pochi come lui sanno  unire così bene anima, tecnica e vigore.





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