KING'S X Three Sides Of One (Insideout/Sony, 2022)
Tre!!!
È la seconda volta consecutiva che i King's X annullano il loro ritorno in Italia: successe nel 2019, è successo anche quest'anno. Avrebbero dovuto suonare proprio l'altra sera, 2 Settembre 2022 (giorno d'uscita di questo disco), a Veruno nell'ambito del Festival 2 Days Prog+1. Li aspetto da 23 anni, da quando nel 1999 li vidi per la prima e ultima volta in quel del Babylonia a cinque minuti da casa. Se non sbaglio fu il loro debutto in Italia. Rimane uno dei miei concerti della vita.
Una delle più complete band che abbia mai visto live. (Non sto vaneggiando, cercate in rete quante persone dicono la stessa cosa. O siamo tutti impazziti o qualcosa di vero c'è veramente).
Tre musicisti che mi impressionarono. Tre personalità che della loro diversità fanno una virtù comune: il basso funky e tuonante, la voce bluesy di Doug Pinnick, uno che si fa beffa dei suoi 71 anni, la chitarra versatile di Ty Tabor, capace di pennate hard e pesanti quanto di ricami melodici, la voce e la dinamicità della batteria di Jerry Gaskill. Insieme, uniti, capaci di ottime armonie vocali che spesso li ha avvicinati ai Beatles e con grandi colpi di bravura e magia sanno unire in un tutt'uno micidiale hard rock, blues, punk, metal, funk, progressive, pop e soul.
Una volta sposati, i King's X non li abbandoni più. In 40 anni di carriera sono stati osannati, sottovalutati, a volte dimenticati e ingiustamente ignorati. Ancora sconosciuti e da scoprire dai più. Non a caso la parola più comune legata al loro nome è spesso “underrated”. Che peccato. Anche se come tutte le cose più preziose continui a sentirle ancora più tue. Poi magari ci saranno dei validi e buoni motivi che a me sfuggono. Verrà il loro tempo? Anche oggi che i dischi si intrufolano subdolamente tra i nostri ascolti? Potrebbe essere questo tredicesimo disco in carriera quello della volta buona? Del grande salto? Dubito, ma per chi volesse avvicinarsi al trio mi sembra una buona occasione.
Mancavano discograficamente dal lontano 2008 quando uscì XV, in mezzo tanti problemi di salute (soprattutto per il batterista Gaskill), problemi con le case discografiche, parecchi progetti solisti, una pandemia.
Ma ora che abbiamo finalmente queste dodici canzoni tra le mani, possiamo dirlo: i King's X sono sempre loro. Capaci di unire dissonanze quasi heavy noise ("alla Meshuggah" come ha dichiarato Pinnick) con armonie vocali melodiche in 'Flood, Pt.1'. Colpire con hard blues elettrici come 'Let It Rain', un invito a lasciare che la pioggia spazi via la paura di questi tempi bui, oppure accarezzare con blues notturni come in 'Nothing But The Truth' con la voce blacky di Pinnick in primo piano e un bel assolo finale di Tabor ("ho pensato a Prince e Curtis Mayfield" dice sempre Pinnick). Uno dei vertici di questo disco. 'Give It Up' è una cavalcata hard bluesy dal chorus contagioso, adatta per i live, 'All God' s Children', una ballata dai toni dark psichedelici, molto sabbathiana, così come 'Take The Time', cantata da Gaskill, è ariosa, psichedelica, pop. È un gioco di contrasti che alla band americana è sempre riuscito bene. 'Festival' è un rock scritto da Tabor dall'influenza quasi garage, veloce e diretta, 'Swipe Up' ha il groove pesante dei loro anni novanta, si ferma e riparte (e ancora una volta tornano in mente i Meshuggah, che cosa incredibile!), così come 'Watcher' riporta ai tempi di Dogman e anche più indietro.
Poi nel finale ecco tutto l'amore per la coppia Lennon-McCartney che esce dalla soffice 'Holidays' cantata da Gaskill, così come in 'She Called Me Home' con l'orchestra dietro e nella finale
'Every Everywhere' con i suoi giochi di voce. Una canzone di speranza in mezzo a un disco dai toni prevalentemente cupi.
Se dopo quarant'anni riescono a incidere ancora dischi così freschi, piacevoli, a tratti spiazzanti un motivo ci sarà. A voi scoprirlo. Io lo so già.
Bentornati!
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