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mercoledì 28 settembre 2011

RECENSIONE: SUPERHEAVY(Superheavy)

SUPERHEAVY Superheavy ( AM Records, Universal, 2011)

La prima domanda sorge subito spontanea:ce n'era veramente bisogno? La risposta è più spontanea della domanda : no. Il problema risiede una volta finito l'ascolto quando al "no" si aggiunge anche un :"però è divertente". Scopo raggiunto. La patchanka globale sonora creata dal supergruppo messo in piedi da Dave Stewart funziona per soddisfare chi cerca 60 minuti di totale distrazione dagli impegni principali, la stessa che i cinque componenti cercavano in questo progetto: Dave Stewart appunto, Mick Jagger, Joss Stone, A.R. Rahman e Damian Marley forse colui che si è distratto meno, visto il mood globale su cui viaggiano quasi tutte le canzoni. Quindi se preso per quello che è, questo album è più che riuscito. Chi si era fatto illusorie aspettative cercando qui composizioni epocali rimarrà deluso, questo è chiaro.
Ma partiamo da due anni fa, quando a Dave Srewart, in bueno retiro in qualche paradiso vacanziero in Giamaica, balenò in testa l'idea di questo disco, ancor prima di trovare i compagni di viaggio. Stewart non si è mai imposto limiti e steccati musicali: dagli Eurythmics, ai suoi progetti solisti( ..chi si ricorda dei suoi Spiritual Cowboys e "The blackbird Diaries",l'ultimo disco solista di quest'anno che esplora il folk rock americano) alle sue collaborazioni da produttore con Bob Dylan e Tom Petty. Naturale, per lui, calarsi in questa divertente avventura che man mano ha visto l'aggiunta di nuovi elementi e come primo chi, se non Mick Jagger, cantante che non ha mai tradito il suo amore per certe sonorità. A partire dai Rolling Stones di "Black & Blue" e "Emotional Rescue", ai suoi poco convincenti episodi solisti e alle sue collaborazioni, fra cui quella con Peter Tosh. Una punta di diamante capace di attirare l'attenzione sul progetto( senza di lui avrebbe ottenuto lo stesso risalto?) e dare un aiuto nella produzione.
L'album registrato in numerosi punti sparsi in tutto il mondo cerca di riunire le caratteristiche dei cinque coinvolti, riuscendoci con un sound che partendo dal ritmo in levare, su cui si basano la maggior parte delle composizioni, si dirama in mille altre direzioni con un risultato di amalgama abbastanza intrigante a soddisfare più di un genere di ascoltatore ma soffermandosi di più sulle nuove generazioni. I fans degli Stones potranno riascoltare Jagger, sempre in straordinaria forma vocale, ricalcare le strade della band madre nella ballad per sola chitarra, voce e piano Never Gonna Change o nelle chitarre rock di I Can't Take It No More, tanto vicina agli Stones di metà anni ottanta oppure immergersi con grande duttilità nel reggae. Da quello più tradizionale e roots di Unbelievable e del singolo Miracle Worker a quello solare, rappato e contaminato con l'elettronica della danzereccia Energy, al feeling più oscuro di One Day One Night.
Non vi è dubbio che Damian Marley sguazzi a suo agio su queste composizioni che vedono i musicisti della sua band coinvolti e primeggiare nella confidenzialità di Rock Me Gently, dove la sua voce profonda, conquista. Sicuramente uno dei punti più alti del disco.
Joss Stone, la coccolata del gruppo, non si intimorisce di fronte ai grandi calibri coinvolti ma ci mette la sua voce duttile , presente in tutte le tracce: dolce (come nel leggero duetto con Jagger di I Don't Mind) e graffiante quando serve e il suo nuovo disco solista, prodotto dallo stesso Stewart segna per lei un nuovo inizio. Più difficile trovare la presenza del compositore indiano A.R. Rahman, star in patria, ma balzato agli onori della cronaca musicale mondiale dopo aver vinto l'oscar per la colonna sonora di The Millionaire e in luce solamente su Satyameva Jayathe anche se con un attento ascolto si trovano i suoi semi mediorientali( la lingua Urdu e certe orchestrazioni) in molti pezzi.
Il paradosso e limite del disco è il voler democraticamente unire tutte le forze dei presenti in canzoni che finiscono, pur nei numerosi imput presenti, ad assomigliarsi tutte e cedere il passo al pop. L'iniziale e corale Superheavy è il manifesto dell'operazione in tutti i sensi.
Nella versione limitata compaiono quattro tracks in più: l'episodio indiano Mahiya, la rockeggiante Warning People, la danzereccia e rappata Hey Captain e lo ska di Common Ground.
Un disco che con tutti i suoi limiti, riesce a prolungare la voglia d'estate, grazie ai suoi ritmi solari e caraibici e centra pienamente l'obiettivo prefissato. Non chiediamogli altro e soprattutto di più.VOTO:6,5

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