Pagine

giovedì 30 giugno 2011

RECENSIONE: RIVAL SONS ( Pressure & Time)

RIVAL SONS Pressure & Time (Earache, 2011)

E' diventata una questione di vita o di morte, quella di trovare assolutamente gli eredi di chi ha fatto grande il rock negli anni settanta. Una missione quasi utopistica che le case discografiche sembrano intraprendere a suon di contratti e lanci promozionali con paragoni pesantissimi, che tagliano le gambe ancor prima di imbracciare gli strumenti.
A scadenza quasi mensile salta alla ribalta qualche nuovo gruppo da dare in pasto ai coccodrilli. Alcuni sono stati divorati ferocemente e sono scomparsi inghiottiti, altri sono rimasti a galla. Airbourne, The Answer, Wolfmother, Graveyard, Black Spiders, tanti sono i nomi. In questi mesi si fa un gran parlare dei Rival Sons, recentemente visti anche sui palchi italiani ad aprire il secondo giorno del Sonisphere Festival, lasciando una buonissima impressione nonostante il poco tempo a loro disposizione.
Tempo che è poco anche in questo loro primo lavoro sull'etichetta di "metallo estremo" Earache dopo un album autoprodotto ed un ep. Gli americani di Los Angeles sparano tutto in mezzora di musica, 10 canzoni, dirette ed efficaci, senza nessun abbellimento superfluo e registrato pure in pochissimi giorni. Questi vanno veloci in tutti i sensi.
Hard rock anni settanta , quello che meglio si sposava con il blues ed una voce molto caratterizzante sono il loro biglietto da visita. Jay Buchanan è un signor cantante( l'ideale mix tra Plant e Paul Rodgers) e l'iniziale All Over the Road, ci porta sopra ad una Cadillac dritti contro il sole con un chitarrista presente ma essenziale come Scott Holiday e un coro che a fine canzone omaggia i maestri. A voi trovare la riposta. Un hard boogie rock saltellante e divertente che non disdegna di omaggiare anche la scena glam britannica dei T.Rex.
Se altri gruppi recenti di vintage rock sembrano attaccarsi ad un solo mito(finendo, a volte per esserne delle imbarazzanti copie o cover band da venerdì sera al pub), i Rival Sons giocano a 360 gradi abbracciando tutto il rock con scadenza anno 1975. Young Love ha un giro oscuro che ricorda i Doors così come Burn down Los Angeles a cui manca solamente l'organo di Ray Manzarek, Only Love è una semi ballad che sembra toccare il folk-rock di fine sessanta con la presenza di un organo Wurlitzer in sottofondo.
Get Mine ha le chitarre degli Stooges e un coro appiccicoso, Save Me è un rock'n'roll veloce, Gypsy Heart , la mia favorita, ha una slide protagonista: un southern blues-rock cadenzato e poderoso che non sarebbe sfigurato in un album di sua maestà Hendrix. Il tutto si chiude con gli effetti e gli assoli di White Noise e con Face of Light, ballad che con i suoi oltre quattro minuti è la canzone più lunga del disco.

Riepilogando ho citato: Led Zeppelin, Free, T.Rex, Doors, Hendrix e possono bastare.
I Rival Sons, giocano sporco di produzione, catturando tutte le vibrazioni che fecero grandi i "grandi" sopracitati e piazzano uno dei dischi di classic hard rock più interessanti di questa prima metà dell'anno. Se i Graveyard sono il lato più psichedelico, freddo ed oscuro, i Rival Sons sono quello più solare, caldo e giocoso di questi primi sei mesi.
Ultima nota per la copertina ideata da Storm Thorgerson, artista e fotografo inglese che ha firmato grandi copertine del rock, quelle dei Pink Floyd su tutte, anche se questa a mio modesto avviso non è riuscita particolarmente bene. Consigliato.





Nessun commento:

Posta un commento