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domenica 17 settembre 2023

RECENSIONE: JONATHAN WILSON (Eat The Worm)

JONATHAN WILSON  Eat The Worm (BMG, 2023)



alzare l'asticella

Ritorna Jonathan Wilson ma dove sia veramente diretto è sempre difficile capirlo. Lo avevamo lasciato nei pressi di Nashville con il precedente Dixie Blur (2020) quello che era il suo disco più roots e terreno della carriera. Sembrava aver piantato i piedi in terra. Invece... Intanto ha continuato la sua carriera di produttore (Father John Misty, Lana Del Rey) e musicista e la collaborazione con Roger Waters è il fiore all'occhiello che ripaga la sua bravura.

"Sono finalmente arrivato al punto in cui mi sento totalmente libero di correre dei rischi" e qui Wilson ne corre tanti. 

I piedi si alzano da terra e iniziano a librare in cielo, attraversando decenni di musica rock e dintorni. Un lungo ponte tra passato e futuro attraversato con spavalderia, coraggio, intuizione. Sì: corre tanti rischi. Il primo proprio quello di non essere capito e quindi subito accantonato dai più pigri. Ma pochi oggi riescono a unire così tanti puntini con occhi visionari e totale devozione alla musica come Wilson: sia che  passi da Harry Nilsson ('Marzipan' dove cita Jim Pembroke, cantautore britannico, frontman della band prog finlandese Wigwam che pare sia stato la maggior ispirazione di questo disco) alle strambe alchimie  Zappiane, dai sempre amati Pink Floyd alla West Coast californiana ('Hollywood Vape' con i suoi scatti rock), da arrangiamenti alla Bacharach ('Ridin In A Jag') al jazz, con pochi  battiti d'ala ma con una visione d'insieme magniloquente dove le canzoni prendono strade cangianti, a volte impreviste, a tratti languide e liquide ('Ol' Father Time', la malinconica 'Lo And Behold'), solari come succede in 'The Village Is Dead', la più movimentata con il suo forte e aspro sapore sixties.

Un pianoforte come guida ('Hey Love', 'East LA' battono i tasti di Randy Newman), arrangiamenti orchestrali di fiati e archi, sax improvvisi, synth, citazioni curiose e non (il bizzarro carnevale di 'Bonamossa', il soffuso R&B 'Charlie Parker' che si trasforma in prog pinkfloydiano, la bossa nova 'Wim Hof'), svolazzi sperimentali e percorsi tortuosi.

Pura psichedelia pop (in 'B.F.F.' traccia certi aspetti negativi dell'industria discografica) dove Wilson suona quasi tutto da solo, anche se un grande aiuto lo da Drew Erickson.

Ambizione e coraggio tarati a cento per chi vuole immergersi in qualcosa di poco rassicurante. Certo, a volte dalla musica vorremmo solo un abbraccio amico, poteva ripetete l'incredibile Fanfare a vita, Wilson invece ti prende per mano, ti invita a fantasticare nuovi mondi. E sognare è  ciò che ci fa rimanere ancora vivi. Wilson è un ottimo corroborante.





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