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sabato 31 ottobre 2020

RECENSIONE: ARMORED SAINT (Punching The Sky)

ARMORED SAINT   Punching The sky (Metal Blade, 2020)




cuore, maturità e nessuna nostalgia

Quasi quarant'anni di carriera, otto album incisi in studio. Una pausa, la ripartenza Mai un passo falso. Mai. Ecco se c'è un gruppo che meriterebbe più di quanto raccolto, gli Armored Saint sarebbero lì davanti a reclamare un posto tra i grandissimi. Punching The Sky è qui, ora, a ribadirlo con le sue canzoni stampate a fuoco, dove passato e presente si uniscono, hard rock e heavy metal si fondono, riff e melodia si abbracciano, si odono addirittura strumenti inusuali come la  cornamusa nella maestosa apertura 'Standing On The Shoulders Of Giants', già sulla via del classico e un flauto che apre la finale 'Never You Fret', thrash metal veloce, melodico e diretto alla Armored Saint, lo stesso di 'End Of The Attention Span'. C'è addirittura Dizzy Reed (Guns 'N Roses) con le sue tastiere in un paio di  canzoni. 

Il vecchio sound eighties degli esordi (l'epica 'Missile To Gun') senza essere troppo nostalgici, riff incisivi di matrice thrash metal, echi 90 di Alice in Chains (l'atmosferica e cupa 'Unfair') e Pantera (i riff pesanti e quadrati di 'Do Wrong To None'), la modernità di 'Bubble' e di 'Lone Wolf' dal l'irresistibile chorus, l'hard rock dei maestri Thin Lizzy ('Bark, No Bite') trovano la loro via in un sound che  ha il loro trade mark definitivi stampato sopra. Mai banali nella costruzione melodica, mai scontati i testi. Sì, sono loro. "A volte il mio approccio lirico è un po 'ambiguo e faccio in un modo che le persone pensino a quello che ho detto, leggano tra le righe" dice John Bush

Sono sempre loro: la voce unica, preziosa e inimitabile di John Bush, uno dei cantanti più ambiti della scena metal americana (chiedere ai Metallica. Perché se hai un Bush te lo tieni. Vero Anthrax? Ma cos'era Sound Of White Noise?), il basso, l'intelligenza e la regia- in tempi di pandemia-di Joe Vera (che sempre i Metallica hanno spesso corteggiato ma lui ha preferito i Fates Warning), le chitarre di Jeff Duncan e Phil Sandoval, la batteria di Gonzo Sandoval (ah, il flauto lo suona lui). Una famiglia che non si è mai divisa e che sarebbe ancora più numerosa se Dave Prichard non ci avesse lasciato così presto. Il loro Symbol Of Salvation uscito nel lontano 1991, poco dopo la morte di Prichard, rimane sempre uno dei miei dischi della vita. Questo è sicuramente la loro migliore uscita dopo la reunion. Sono passati quasi trent'anni da quel vecchio disco: era da tempo che non ascoltavo un disco di metal classico con le orecchie dei miei diciotto anni. Conferma che, nonostante tutto, in questo nefasto 2020  stanno uscendo dischi ancora interessanti.





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