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mercoledì 22 maggio 2019

RECENSIONE: SUPERDOWNHOME (Get My Demons Straight)

SUPERDOWNHOME   Get My Demons Straight (Slang Music/Warner Italia, 2019)
 
 
 
 
 
il grande salto
Ci sono dei momenti cruciali in cui capisci che la band che hai davanti ha superato la soglia che nella tua testa hai denominato di "nicchia" e si sta proiettando verso qualcosa di indefinito ma comunque abbastanza grande. Uno di quei momenti l’ho vissuto di persona lo scorso autunno quando i Superdownhome dopo un set fiammeggiante in apertura a Fantastic Negrito a Milano, uscirono di scena sotto un trionfo di applausi del pubblico, per la maggioranza ancora con le orecchie vergini dai suoni del duo bresciano. E si sa quanto sia difficile catturare l'attenzione di un pubblico che è lì davanti impaziente di ascoltare la superstar che salirà sul palco dopo, magari distratto e attirato più dal bancone del bar e dalle chiacchiere disturbanti che dal suono che esce dalle casse. Fu un successo di attenzioni e applausi come poche volte ho assistito per una band in apertura. Ma io non avevo dubbi, aspettavo solo la conferma.
Eh sì, di passi ne hanno fatti parecchi in questi due ultimi anni, tanto che quegli inizi, quando la band era ancora un trio, sembrano ricordi sbiaditi e lontanissimi ma comunque importanti per capire quale strada avrebbero imboccato in futuro. Da gruppo qualunque di cover blues a band con personalità e carattere. Riconoscibili: il drumming potente e preciso di Beppe Facchetti, le chitarre, spesso casalinghe e con poche corde (Diddley bow, cigarbox resonator)  di Enrico Sauda, il loro look, i loro caratteri così diversi fuori dal palco che diventano complementari con gli strumenti in mano e il pubblico di fronte. I loro potenti set live, minimali e caricati a groove.


 

Get My Demons Straight rappresenta bene quel futuro, ora presente, raggiunto dopo un Ep d'esordio e il primo disco Twenty-four Days uscito a fine 2017, tanti chilometri macinati lungo la strada (‘Highway Music’ è la colonna sonora ideale), tanti locali, piccoli e grandi, tante star incrociate sul cammino (Eric Sardinas, Popa Chubby, Larkin Poe, Robben Ford, Supersonic Blues Machine) e bicchieri vuoti abbandonati sul bancone diventati a loro volta esperienze da lasciare impresse su canzoni, come anticipato dal primo singolo ‘Booze Is My Self-Control Device’, presentato da un video a cartoni animati, ideato dall'artista bresciano Biro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
"L’alcool è il modo che ho di autocontrollarmi dice il ritornello, un modo di esorcizzare demoni, di rendere alcune realtà più sopportabili, di rilassare le tensioni. Insomma: un’ennesima scusa per poter uscire a far libagioni…" raccontano.










Un disco a suo modo ambizioso (“ci abbiamo messo dentro tutto quello che si poteva” mi disse Beppe Facchetti), registrato con professionalità ai Bluefemme Studio del fedele compagno di mille avventure Marco Franzoni con la supervisione di Ted Horowitz, il bluesman newyorchese che tutti conosciamo come Popa Chubby, ormai anche lui amico di fiducia già presente nel precedente disco, e che vede la straordinaria partecipazione dell'armonica di una leggenda vivente del blues come Charlie Musselwhite, oltre a quella dell'amico  Max Maccarinelli.
Se già avete dimestichezza con la loro idea di rural blues (un mix ipervitaminico che sa shakarare insieme il vecchio blues, il garage rock, il country con i Black Keys, gli ZZ Top, Seasick Steve e Scott H. Biram)
potete andare tranquilli e fiduciosi (‘Stop Bustin’ My Bones’, ‘Get My Demons Straight’), pure sicuri di incappare in quel passo indietro verso la classicità blues ben rappresentato da tracce come ‘I’m Your Hoochie Coochie Man’, dal boogie di ‘Razor Action Blues’, e da quella ‘Taverner's Boogie’ con l’armonica ospite di Musselwhite che sembra racchiudere bene in una sola canzone tutto il loro universo musicale.
L'augurio è quello che possiate incontrarli in qualche data live, il loro terreno di gioco preferito. Questa volta però andate preparati se apriranno per qualche nome internazionale. Godrete il doppio. Aspettate a farvi la birra, ve la farete dopo alla loro salute...e bravura.
 
 
 
 

 
 

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