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lunedì 3 marzo 2014

RECENSIONE:JONO MANSON (Angels On The Other Side)

JONO MANSON  Angels On The Other Side (Appaloosa Records/IRD, 2014)

Jono Manson ha tre case: una negli States, nato e cresciuto-anche musicalmente a fine anni settanta- a New York, da più di vent'anni vive a Santa Fe nel New Mexico dove è stato registrato il disco e dove si porta la maggior parte del lavoro da produttore, una in Italia, sua seconda patria dove ha abitato per tre anni e custode di tanti amici musicisti (e non) sempre pronti ad accoglierlo per suonare, farsi produrre o semplicemente ospitarlo per godere della sua gioviale compagnia e sincera passione, la terza è
nel cuore umile della musica, rifugio dove sta a proprio agio sempre e comunque. Artista ben voluto e cercato, uno che non si tira indietro mai e che si è costruito il percorso musicale con la coerenza dei classici "piccoli passi ma ben distesi"-anche se il suo curriculum potrebbe impressionare- che lo hanno portato a registrare l'ennesimo buon album in carriera ( l'ultimo fu November  del 2008 se si esclude il progetto Barnetti Bros Band con i "fratelli italiani" Massimo Bubola, Andrea Parodi e Massimiliano Larocca) dove la consueta vena soul che abita imperiosa la sua preziosa ugola-caratteristica che lo accomuna e lo porta ad essere paragonato da sempre ad un mostro sacro come John Hiatt- lega il folk con il country, il country al blues, il blues al rock e con i testi (presenti tutte le traduzioni ad opera della meticolosa Appallosa Records) che evocano i fantasmi dei ricordi, gli spettri dell' amore, i misteri che tengono uniti i forti legami famigliari, la fede, i segreti nascosti dei grandi paesaggi naturali, creando un fascinoso concept dove la positività in tutti i suoi aspetti sembra brillare su tutto e penetrare la vita come il raggio di sole fa con il paesaggio in copertina. "Un album dedicato a tutti gli angeli custodi dall'altra parte e a quelli che vivono alla mia destra, qui in terra." Così Jono Manson chiosa nel libretto e canta nel delicato country d'apertura guidato dalla slide di Jay Boy Adams: "Perché ho ali sotto i vestiti/Ho i miei angeli custodi dall'altra parte/E ho abbastanza amore nel mio cuore/Per godermi il viaggio".
Io ci aggiungo: "Un' anima non è mai senza la scorta degli Angeli, questi spiriti illuminati sanno benissimo che l'anima nostra ha più valore che non tutto il mondo" . Lo diceva il monaco francese San Bernardo di Chiaravalle, uno che apparve perfino a Dante nel Paradiso della Divina Commedia.
Un disco positivo, di fede e speranza. Sospinto dall'energia illuminante di alcuni membri del gruppo texano Shurman che lasciano l'impronta soprattutto nei pezzi più tirati e rock: nel bar nascosto e vizioso che popola le nostre menti nel tiro southern di  Honky Tonk In My Mind, nelle chitarre garage di There's a Whole World On Fire, e nel trascinante blues da "american dream" spezzato di I'm Gonna Get It.
Angels On The Other Side è un disco a tre velocità ma con un'unica profondità. Oltre ai già citati episodi più elettrici e terreni, lascia il maggior segno  negli episodi intimistici e rallentati, ballate dove il leggero e arioso country si insinua tra famiglia e fede (Togheter Again, i contorni che contano nella stupenda The Frame la cui stesura risale a qualche anno fa), e tra le salvifiche e intense dichiarazioni d'amore di Angelica e Everething To Me, nella tenue brezza che soffia sopra il lato bello della natura (Silver Lining) sospinta dall'armonica dell'amico di sempre John Popper dei Blues Traveler e sceneggiata come piacerebbe ai suoi cugini registi, i fratelli Coen; ma anche nei mezzi toni melodici di Snowed It, soffice schizzo d'amore invernale lasciato cadere come neve sul tappeto '60, lo stesso che accoglie l'illuminante e speranzosa The Other Yesterday.
Nella finale Grateful tra le maglie di una slide e il vintage sound dell'hammond è scritto tutto il testamento del disco, ma anche la sua appagante filosofia di vita: "non ho niente di romantico da aggiungere/Sono stato sulla strada ma non è andata così male/ho scontato la mia parte di pena/Ho scontato la mia parte d'inferno/Ma sono sempre stato protetto/E sono sempre stato servito bene".
Ma c'è ancora il tempo per una intensa e sentita interpretazione al pianoforte di Never Never Land, rilettura di L'isola Che Non C'è di un altro vecchio amico italiano, Edoardo Bennato, presente come bonus track nella sola versione italiana. Sembra che Bennato abbia già approvato.
Che gli angeli siano con voi e continuino a vegliare sulla musica scritta con passione e onestà.




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