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lunedì 31 ottobre 2011

INTERVISTA a LUIGI MAIERON

...Il ritorno a sonorità radicali e senza paure, suoni che non hanno vergogna di sottrarsi a vicenda e di arricchire le storie cantate con la loro presenza selvatica e solitaria. Raramente ho incontrato persone che dopo una lunga carriera attraverso i suoni e le cose da dire, hanno mantenuto quella determinazione, quella gentilezza nei confronti dell'arte... (Davide Van De Sfroos)
Intervista a Luigi Maieron, autore quest'anno di "Vino Tabacco e Cielo" un disco fatto di antiche e sincere tradizioni confermate dalle sue parole...tutto da scoprire.


Una piccola autopresentazione per chi non conosce Luigi Maieron?Sono nato e vivo in Carnia, nell’alto Friuli. Abito in un paese di 200 anime, quanto un palazzo di una qualsiasi città. Ho il privilegio di essere circondato e protetto da montagne stupende e di poter assistere giorno per giorno al procedere di ogni stagione. Ho incominciato a suonare giovanissimo. Un amico di mia madre mi ha regalato una chitarra, in casa mia tutti erano musicanti; così a 11 anni ho debuttato con mio nonno Pio, mitico suonatore di contrabbasso e mia madre Cecilia, straordinaria suonatrice di fisarmonica. Le fumose osterie di Carnia sono state la mia palestra nel bene e nel male.

Molte tue canzoni parlano di antiche tradizioni (La cidule, Done Mari (tradizionale), Trei Puemas) e storie della Carnia. Qual'è e come funziona il tuo lavoro di recupero di arcaiche storie?Credo nella tradizione utile, così come nelle parole utili. Le tradizioni sono un riassunto popolare è un depositato che la gente lascia generazione dopo generazione. Oggi si rischia di cogliere solo l’aspetto folkloristico in quanto non sempre si tende a considerare l’utilità del passato, ma molte tradizioni contengono aspetti molto utili per decifrare il mondo di oggi. Gli esempi che hai fatto descrivono in La Cidule la speranza di una ragazza che non si concretizza e che le fa pensare di non piacere a nessuno, ma poi riaccende la speranza e decide di aspettare fino all’indomani. Done mari svela un mondo al femminile dominato dalle regole da seguire nel sacrificio. Trei puemas parla del passaggio dalla adolescenza al mondo adulto, con la voglia di correre incontro alla vita attente ai passi da fare.
Il lavoro di recupero tiene conto della utilità del tema, da argomenti che hanno al centro le persone e che appartengono a tutti i tempi. Il loro viaggio è il nostro, delle nostre famiglie, delle nostre comunità.

Con quale criterio scegli le canzoni da cantare in dialetto e quelle in italiano?...e cosa ti ha portato ad incidere un disco più "suonato" rispetto ai precedenti?Ci sono temi che meglio si adattano al dialetto o ad una lingua locale come nel caso del friulano, altri temi invece che meglio si adattano all’italiano. Ci sono espressioni e storie che hanno una forza insostituibile in dialetto perché sono figlie di quel territorio, di quella mentalità. E’ impossibile rappresentare certi temi se non vestendoli con il suono di quel posto. Ti faccio un esempio concreto: certi nomi di persone che pronunci in dialetto non sembrano appartenere alle stesse persone se tradotte in italiano. Quella persona è diventato quel suono ed è rappresentato solo così.

Sento che il cantautorato tradizionale segna un poco il passo ma le parole utili non sempre possono essere usate con leggerezza, così ho lasciato alla musica questa facoltà di alleggerimento… insomma scendere in profondità correndo in superficie.

In Vino, Tabacco e Cielo (la canzone) parli del rapporto tra un bambino ed una figura "guida" adulta. Quanto c'è di autobiografico e quali sono i valori che ogni bambino dovrebbe perseguire per crescere in questo mondo?Si è vero parlo del rapporto tra un bambino ed una figura “guida”. Questi può essere un parente un nonno, un padre ecc. oppure una figura mitica che ha inciso nella nostra formazione. Io sono cresciuto senza papà, Cecilia mia madre mi ha avuto a soli sedici anni da un uomo venuto da fuori e poi ritornato al suo paese. Questo tema mi ha tormentato per tutta la vita. Mi sono attaccato a mio nonno ma mi serviva un vero padre. Questa canzone è da tanto che girava nei miei sentimenti. Ho pensato di raccontare quanto è importante per un ragazzo avere un padre che lo tenga d’occhio.
Per un ragazzo è importante avere i riferimenti e sentirsi amato, con questi elementi si riesce a crescere.

In Cramar-Marochin e Arjentina, affronti in modo diverso lo stesso tema, sempre di attualità, come l'emigrazione. Come ti poni di fronte a quello che una volta era considerata "ricerca della dignità" e ora sembra essere ridotta solo ad un problema.C’è una frase in Cramar-marochin che dice… “ma cosa stiamo a discutere… tanto si muore comunque… si ma per il momento bisogna vivere” è la conclusione. La sopravvivenza è un diritto irrinunciabile, la ricerca di un lavoro è un diritto essenziale e non importa di che colore sei il diritto vale per tutti. Padre Maria Turoldo ci ha lasciato una lezione preziosa con il suo film “Gli ultimi”. In Argjentina ho raccontato la nostra emigrazione e il danno che questa ha comportato in ogni famiglia di Carnia e Friuli. Da noi il trenta per cento di emigranti ha significato una persona per famiglia, quasi sempre il capofamiglia, con una sottrazione di affetti notevole e con la conseguenza di una eredità lasciata ai figli di “status” da orfani. C’è un filo che ci lega e che non va spezzato.

I fantasmi di pietra ti è stata ispirata da un racconto di Mauro Corona. Quali sono i tuoi ricordi personali legati a questa grande tragedia (il Vajont) e cosa è rimasto nella tua generazione e quella di Corona e cosa nelle varie generazioni che sono succedute? Noti dei cambiamenti o è rimasto tutto radicato nelle persone?
Ricordo che dopo poco tempo dalla disgrazia, (avevo 8 anni) assieme ai miei compagni di elementari siamo andati a visitare i posti accompagnati dal nostro parroco, don Isola. All’epoca abbiamo vissuto l’esperienza come una sorta di gita. Non eravamo in grado di capire la gravità dell’evento. Ricordo una stanza rimasta a metà, e dei sanitari di un bagno nuovi che mi sembrarono una rarità, solo l’anno dopo infatti li mettemmo a casa nostra. Crescendo invece quell'immagine ha svelato i suoi reali contorni. Chi è del posto non ha rimarginato del tutto la ferita, è ancora tutto lì, cucito nelle anime delle persone. Ma tutti ce lo portiamo addosso perché ha significato il tradimento di un sistema nei confronti delle persone. Una ottusa insistenza a scapito di tante vite spezzate, di tanti sogni rimasti in sospeso nelle case, i fantasmi di pietra rimasti.

Come hai conosciuto Davide Van De Sfroos?Mi piace molto il lavoro di Davide, è un autore disincantato che vede le cose con occhio lucido e sa raccontare le persone come pochi: la sue parole arrivano in profondità. Degli amici in comune ci hanno messo in contatto e lui mi ha invitato a qualche suo concerto.

Quest'anno Davide ha partecipato a Sanremo. Cosa pensi di questa manifestazione e se ti presentasse l'occasione, ci andresti?Per quanto riguarda Sanremo, credo di aver qualche anno di troppo per questa manifestazione e poi non so come farebbero a farci entrare questo tipo di canzoni. La vedo dura.

Questa faccia mi ha ricordato molto Johnny Cash, mentre Filo spinato, De Andrè. Quanto i grandi songwriters americani e italiani influenzano la tua musica e quali sono i tuoi preferiti?
Su Questa faccia la pensi come Davide Van de Sfroos, anche lui mi ha detto la stessa cosa. Filo spinato parla di una guerra di oggi, dove il soldato lo fa come lavoro. E’ solo una missione di pace ed invece…
Non ci crederai ma io ascolto poca musica. Certo Tom Waits, Bob Dylan, Nick Drake, Johnny Cash, Fabrizio De Andrè sono sicuramente riferimenti e probabilmente qualcosa di loro mi è rimasta appiccicata addosso, ma vorrei procedere con il vecchio adagio di Waits, meglio un insuccesso alle mie condizioni che un successo alle condizioni degli altri.

Il legame con la tua terra è forte e radicato. Dovessi fare un piccolo spot pubblicitario per la Carnia e il Friuli in generale come lo faresti?La mia è una terra di confine e di passaggio. E’ un luogo selvaggio, aspro, duro dove la gente non ha mai avuto una vita comoda. E’ fatta di tanti piccoli paesi alcuni quasi completamente disabitati ma il contatto con la natura è talmente forte e presente che non ti fa mai volare, ti tiene sempre ben ancorato a terra e pretende da te sempre una giusta umiltà. E’ un posto vero ed i posti veri vanno visitati.

Prossimi impegni...?In novembre o ai primi di dicembre presento il cd in terra di Carnia, poi il 18 dicembre ho un concerto insieme a Mauro Corona e Toni Capuozzo, forse il 30 dicembre sarò a Spilimbergo e il 28 gennaio a spazio musica a Parma. Voglio procedere con il passo del montanaro, scarponi ai piedi e un passo alla volta.


RECENSIONE di "Vino Tabacco e Cielo":

http://enzocurelli.blogspot.com/2011/10/recensione-luigi-maieron-vino-tabacco-e.html


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